
Un viaggio ricco fra una generazione di artisti delle due sponde dell’Oceano che aprono nuovi scenari
Finalmente Rauschenberg! Esultare è d’obbligo poichè dopo averlo nominato per mesi e dopo la delusione (per quanto interessante) delle otto opere mostrate al Museo del ’900, stavolta c’è la prima vera mostra che ne spiega tutta la potenza di innovatore, usando il linguaggio della composizione e della grafica. Diciassette opere che spuntano fuori dalla meravigliosa Collezione Luigi e Peppino Agrati così gelosamente custodita (finora due le mostre nel 2018 e nel 2023) da IntesaSanPaolo. Apre così sotto i migliori auspici l’esposizione “Una collezione inattesa. La nuova Arte degli Anni Sessanta e un Omaggio a Robert Rauschenberger“ (sino al 5 ottobre), curata da Luca Massimo Barbero che offre un itinerario inedito sull’arte contemporanea degli anni Sessanta fra le due sponde dell’Oceano. Perché non solo del grande Rauschenberg si parla (nel centenario della sua nascita) ma l’allestimento accosta per la prima volta oltre 60 lavori di grandi artisti italiani e americani. I nomi: da Yves Klein a Lucio Fontana e Piero Manzoni sino alle rare opere, difficilmente viste prima, di Giulio Paolini, di Robert Ryman (con un monocromo) e una giovanile quanto sorprendente opera in piombo di Richard Serra.
Cuore della mostra è il Salone Scala interamente dedicato a Rauschenberg, occasione per celebrare anche la grande amicizia con Peppino Agrati, amico e collezionista fra i primi in Italia, e, di conseguenza, il rapporto dell’artista americano con il Belpaese. Si parte dal capolavoro Blue Exit del 1961, si prosegue con i celebri Combine Paintings, opere che fondono pittura, oggetti ritrovati, materiali comuni (galeotto il suo viaggio nei primi anni Cinquanta a Napoli e Roma, per le suggestioni che ne deriveranno) ma che nel ’74 diventano "quasi delle sindoni di memoria", suggerisce Barbero. Opere che racchiudono le esperienze dei suoi numerosi viaggi (ad esempio in Israele), "suggestioni che ricompone su questi fogli, lavori fragili e molto poetici". E si va sino alle grafiche, una serie di dieci lastre che allietavano casa Agrati (R. amava venderle ad un prezzo molto politico, basso), Opal Gospel 1971, che come dice il curatore Luca Barbero "raccontano meglio la poetica di Rauschenberg, si parla di nascita, di madre terra e queste scritte, delle vere e proprie poesie, svelano un Rauschenberg inedito, più poetico e profondo, più concettuale".
Il dialogo fra minimalismo e monocromia prosegue con le opere di Carl Andre, protagonista della scultura minimalista americana affiancate da due importanti lavori di Robert Mangold che raramente si vede nelle collezioni europee accanto a due opere di Enrico Castellani, Superficie bianca (Omaggio all’alba) e Superficie bianca. Dittico. La Collezione Agrati offre altre meraviglie: le tre serie di dieci serigrafie originali di Andy Warhol, Marilyn, Electric Chairs e Mao Tse-Tung.
Spicca il monocromo di Robert Ryman (Surface Veil). Nelle ultime due sale del museo sono esposte opere raffinate di Roy Lichtenstein, fra queste non potevano mancare Mirror, del 1970 e Brushstroke del 1965.