
I Calexico portano all'Alcatraz il loro ultimo album
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Milano - In questo mercoledì a tutto volume, caratterizzato da una concentrazione di concerti mai vista negli ultimi due anni e mezzo, il concerto dei Calexico all’Alcatraz rappresenta una proposta al riparo dai rischi a cui l’overdose di offerta espone il resto del cartellone. Se Alice canta il suo Battiato sul palco degli Arcimboldi, Mannarino plana al Fabrique, Donatella Rettore al Lirico, Folcast al Magnolia, Paolo Vallesi al Blue Note, la band capitanata da Joey Burns e John Convertino porta “El mirador”, prima sua fatica discografica da quattro anni a questa parte, sul palco del locale di via Valtellina. Preceduti dai Guano Padano, il gruppo di Tucson si racconta tra passato e presente senza perdere quel suono del Sud che da trent’anni costituisce la sua cifra.
“‘El Mirador’ è dedicato alla famiglia, agli amici e alla comunità” assicura Burns. "La pandemia ha messo in evidenza quanto abbiamo bisogno l’uno dell’altro e la musica sembra essere un modo per costruire ponti, la musica accende il cambiamento e il movimento". Rimasti lontani dalle scene pure nei momenti in cui la pandemia aveva allentato la morsa, il gruppo dell’Arizona ha aspettato di avere in tasca nuove canzoni, incise nello studio di Sergio Mendoza (di fatto “terzo membro” della band) prima di varcare l’oceano. "Volevamo dare alle stampe un album composto con i compagni tutti riuniti nella stessa stanza" prosegue il frontman. "Così, abbiamo prima aspettato che arrivassero i vaccini, poi che Sergio finisse il suo studio di registrazione. Da tempo, infatti, lui è diventato il punto di equilibrio tra me il mio sodale John. Sono arrivato in studio con un’unica idea, senza provini, perché non volevo che non fosse un disco scritto solo da me, ma nascesse da un lavoro collettivo".
"Abbiamo fatto tutto lì nel giardino del suo studio: cucinavamo, suonavamo e stavamo semplicemente insieme. Era luglio, stagione di monsoni, ed era tempo che a Tucson non pioveva così tanto. Quando accade, il deserto cambia colore, da marrone e secco diventa umido e verde. Escono fuori animali di ogni tipo: ho visto tante farfalle e una specie di piccoli ragni rossi. A un certo punto abbiamo dovuto interrompere le registrazioni perché la pioggia colpiva il tetto dello studio così forte che il rumore copriva gli strumenti. Ci siamo fermati a guardare la cascata d’acqua che cadeva sul deserto. Uno dei pezzi del disco, ‘Cumbia del polvo’, parla proprio di questo risveglio del deserto".