ANTONIO CALABRO'
Cultura e Spettacoli

Passioni civili e politiche dei “maître á penser”

Biografie e autobiografie. Nel grande quadro dell’Italia del Novecento, sino alla soglia dei nostri giorni. Storie di politici, uomini e donne di cultura, personaggi dello spettacolo

Milano, 7 agosto 2016 - Biografie e autobiografie. Nel grande quadro dell’Italia del Novecento, sino alla soglia dei nostri giorni. Storie di politici, uomini e donne di cultura, personaggi dello spettacolo. Squarci di vita. Punti di vista. Lampi di sincerità. Ricordi di scelte che hanno contribuito a costruire questo controverso Paese. Apriamo le pagine de “Il mio Leo Longanesi”, a cura di Pietrangelo Buttafuoco, pubblicato appunto da Longanesi, la casa editrice che quel maestro di giornalismo e di dispettosa irriverenza aveva fondato nel 1946 (lasciandola 10 anni dopo, per dedicarsi al settimanale di destra “Il Borghese”).

È un’antologia ben curata di scritti “d’un innovatore polemico e anticonformista”, d’un “carciofino sott’odio”, come si era autodefinito, ironizzando sulla bassa statura e il cattivo carattere. Ma anche un’intelligente messa in ordine delle passioni, delle idiosincrasie e delle straordinarie innovazioni d’un personaggio che sapeva fare bene giornali (dal suo “Omnibus” degli anni Trenta s’arriva al sofisticato “Il Mondo” di Mario Pannunzio e poi a “L’Europeo” e “L’Espresso” di Arrigo Benedetti, per trovarne tracce, pur diverse, ne “Il Giornale” di Indro Montanelli, il principale amico e allievo, ma anche ne “la Repubblica” di Eugenio Scalfari). “Lacerti di un’Odissea borghese”, scrive Buttafuoco, per dare conto d’un andare controcorrente, dal sarcasmo dello slogan “Mussolini ha sempre ragione” (che i fascisti però, personaggi privi d’ironia, presero sul serio) alle polemiche contro i poteri e le compromissioni della democrazia repubblicana: insomma il ritratto acuto di “un uomo che fu scomodo al fascismo e poi all’antifascismo”.

Cui dobbiamo comunque una robusta capacità di dissacrare i miti più ipocriti: “Ci salveranno le vecchie zie?”. Sull’altro versante della storia politica, ecco “Compagno del secolo scorso” di Gianni Cervetti, Bompiani. Giovane militante comunista nella Milano del dopoguerra, Cervetti è stato uno dei principali dirigenti del Pci dei tempi di Enrico Berlinguer e uno degli animatori della politica “riformista” (con Napolitano, Macaluso, etc.). E nei suoi ricordi, in un libro bello e denso d’amore di verità, c’è il racconto originale dei punti di forza, delle svolte ma anche delle occasioni mancate della sinistra. Passione politica intensa. E grande amore per la cultura. Con occhi molto lucidi, mai rassegnati. Milanesi. Nello spazio ampio tra cultura, giornalismo e politica si muovono pure le pagine di “Il mio filo rosso” di Giulia Maria Crespi ovvero “Il ‘Corriere’ e altre storie della mia vita”. Erano editori del Corriere della Sera, infatti, i Crespi, industriali tessili, grande borghesia milanese. E di quel quotidiano Giulia Maria è stata coraggiosa innovatrice, affidandone la direzione, nei primi ani Settanta, a un giornalista “liberal” come Piero Ottone. Poi, dalla sua intelligente passione civile, sono nate tante altre iniziative, sociali e ambientali, a cominciare da “Italia Nostra” e soprattutto dal Fai (il Fondo Ambiente Italiano). Buona cultura, battaglie per la qualità della vita e dello sviluppo.

Arte, bellezza, impegno contro “le passioni tristi” connotano anche “Passo d’uomo”, conversazione tra Francesco De Gregori e Antonio Gnoli, Laterza: la musica si accompagna alla poesia, i ricordi non inclinano al rimpianto. C’è, nelle pagine, la consapevolezza d’un impegno culturale e civile, in forma di canzoni anche molto popolari. E una bella voglia di tenere insieme memoria e futuro. Perché, come appunto ci ha insegnato De Gregori, “La storia siamo noi”.