GRAZIA LISSI
Cultura e Spettacoli

Beatrice Rana: la magia del piano dono del destino

Solare e simpatica, nata a Copertino ventiquattro anni fa, eseguirà lunedì sera, con la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Chailly, la prima assoluta del “Concerto per pianoforte Alla memoria di Duke Ellington”, di Carlo Boccadoro

Beatrice Rana, figlia d’arte, studia il piano dall’età di tre anni

Milano, 29 gennaio 2017 - «Eccomi»: Beatrice Rana, rivelazione del pianoforte, artista di fama internazionale, si presenta così. Solare e simpatica, nata a Copertino ventiquattro anni fa, eseguirà domani sera, con la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Chailly, la prima assoluta del “Concerto per pianoforte Alla memoria di Duke Ellington”, di Carlo Boccadoro. Prima volta alla Scala anche per i due brani di Dmitrij Šostakovich: “Suite for Jazz Orchestra n. 1” e la Sinfonia n. 12 in re minore “L’anno 1917”, op. 112. Beatrice Rana, vincitrice del Premio Abbiati come migliore solista 2016, ha debuttato alla Scala nel 2015 sotto la direzione di Marc Albrecht e lo scorso anno con la Filarmonica diretta da Chailly al Festival MiTo. Dopo aver pubblicato il primo album, Prokofiev Tchaikovsky, diretta da Pappano, ha inciso le “Variazioni Goldberg di Bach” (Warner Classics), in uscita il 24 febbraio.

È considerata la nuova stella del pianoforte. Come è riuscita a emergere?

«Ho iniziato a suonare sul palco a nove anni, scoprendo la meraviglia di stare in scena, da quel momento ho cercato qualsiasi opportunità per replicare l’esperienza. Giovanissima ho partecipato a concorsi internazionali, a diciassette anni la musica era già la mia professione».

Cosa significa nascere in una famiglia di pianisti?

«Per me è stata una grande ispirazione, i miei genitori mi hanno trasmesso la loro passione. Tutto è stato vissuto con naturalezza, ogni giorno li sentivo suonare, mi sono avvicinata e ho iniziato. Nessuno mi ha mai forzato, anzi i miei non mi hanno mai indirizzato alla professione, sono consapevoli delle difficoltà che incontrano i musicisti. A 3 anni ho iniziato a studiare seriamente, a 8 sono entrata in Conservatorio».

Con sua sorella Ludovica, ventunenne violoncellista, ha formato un duo.

«La musica da camera è un momento di condivisone, noi siamo molto legate, ci vogliamo bene, siamo cresciute con il suono dell’altra, la nostra sensibilità musicale è simile, quando suoniamo ciacuna sa esattamente cosa vuole dire l’altra. Non siamo simili ma molto vicine».

Da piccole litigavate mai per i giochi?

«Ci piaceva giocare all’aperto, nessuna delle due sopportava le bambole, io le ignoravo e Ludovica staccava loro le gambe. I miei nonni vivono in campagna, per noi il rapporto con la natura è stato importante come quello con la musica».

Esegue per la prima volta il concerto di Carlo Boccadoro dedicato a Ellington.

«Ho eseguito spesso brani di musica contemporanea, per anni ho studiato composizione, scritto brani. Noi pianisti abbiamo un repertorio immenso e così suonato, per la prima volta mi trovo davanti a un brano mai eseguito, un omaggio a tutte le tecniche jazzistiche, il linguaggio è vario e impegnativo».

Come lo definirebbe?

«Estroverso in tutte le sue emozioni: nella frenesia, nell’aggressività, nel botta e risposta con l’orchestra. Ha grandi parti sonore, ritmiche, affascinerà il pubblico scaligero».

Cosa fa quando non lavora?

«Se sono in giro per concerti mi piace perdermi nella città che mi ospita, cammino per ore, faccio foto, visito chiese e musei. Se sono a casa sto in famiglia o con i miei amici».

Domani alle 20 al Teatro Alla Scala.