Anna Di Cagno: "La vera milanese non segue la moda, piuttosto l’anticipa"

L'autrice presenta alla Feltrinelli “Milano al femminile”, guida tra le pieghe della città, evitando i luoghi comuni.

Anna Di Cagno nel cortile della Pinacoteca di Brera

Anna Di Cagno nel cortile della Pinacoteca di Brera

Milano, 13 giugno 2017 - Si aggiorna “Milano al femminile” (Morellini editore), guida tra le pieghe della città, evitando i luoghi comuni. Il libro sarà presentato oggi, ore 18, alla Feltrinelli di via Manzoni 12. E l’autrice Anna Di Cagno dichiara di non riuscire a stare dietro alla incessante fioritura di bellezza.

Cos’ha dimenticato?

«Il LùBar di via Palestro, la nuova caffetteria della Galleria d’Arte Moderna. Aperta dopo che siamo andati in stampa. Nel portico sud della Villa Reale, la limonaia recuperata come giardino d’inverno ospita piante di ogni specie, palme e cactus, e un bistrot che ti fa dire: ma dove sono? A Parigi! Non ho ancora assaggiato il menu siciliano del ristorante. Ma il caffè è un’esperienza che raccomando a tutte le amiche di passaggio».

In arrivo da dove?

«Da Bari, dove etnicamente sono nata io. L’ho lasciata nel ‘92, per lavorare nell’editoria. Le amiche oggi ci portano i figli per iscriverli all’Università. Insomma, succede raramente di sentir dire “quest’anno caschi il mondo, voglio visitare Milano”, come capita invece con città italiane più ‘belle’, mete turistiche mondiali. Milano non la scegli, qui ‘ti tocca di venire’, e allora lei sceglie te e ti conquista».

Le indigene però non sono un modello di eleganza.

«Infatti sono avanti un attimo rispetto alle tendenze. Le milanesi, spiego alle sciure di Bari che le trovano poco eleganti, non seguono mai letteralmente la moda. Escono la sera direttamente dall’ufficio senza passare da casa. E l’understatement (mai “impernacchiarsi” troppo) è di rigore. Pochi accessori, zero gioielli (in ogni caso, mai d’oro giallo), e scarpe e borsa glam (meglio un sacchetto della spesa che una finta Prada)».

Altri usi e costumi?

«La prima domanda di una/un milanese, dopo le presentazioni di rito, sarà: “Di cosa ti occupi?”, che non vuol dire chiederti il 730, ma “che lavoro fai?”. In altre parole, “abbiamo confluenza d’interessi? Ci rivedremo!”. Il giovedì, ovvio. Perché i milanesi non escono il sabato sera, ma scappano dalla città il venerdì. Nel weekend, dopo le 20, nei locali pubblici s’incontra gente dell’hinterland».

Giugno, luglio, agosto davvero non particolarmente ricchi di eventi?

«Ho citato il Milano Latin Festival, in Fiera SI, Sposa Italia Confezioni, dedicata agli abiti per il gran giorno, e i saldi delle collezioni estive, con ribassi fino al 70%».

Non trascuriamo la Milanesiana organizzata da Elisabetta Sgarbi. E un museo da scoprire?

«Brera. Nel quartiere, tra marchi di moda alternativi ad Armani, c’è la bellezza magica dell’androne della Pinacoteca, dove non entra nessuno: eppure c’è l’anima della città».

Infatti nella magica notte del Solstizio d’Estate vi si terrà un gran ballo. Ma lei dove si commuove?

«In via Borsieri, l’unica con un’atmosfera vacanziera, dove potresti girare con le infradito e un asciugamano sulle spalle. Guardando i grattacieli dello skyline. Tra un vecchio ferramenta e il Blue Note. E sentirti come a New York».