Baby-schiavi del pallone, la denuncia: "Una tratta. Come i migranti"

L'ex giocatore del Camerun che combatte le compravendite: con l’inganno del pallone si acquista manodopera nelle mani di sfruttatori

Jean Claude Mbvoumin

Jean Claude Mbvoumin

Milano, 31 gennaio 2020 - "Oggi l’Italia è diventata la principale porta d’accesso al traffico di giovanissimi calciatori africani e spesso questi migranti non sono consapevoli dei pericoli e dei rischi che corrono. Anche perché di mezzo ci sono vere e proprie reti di criminali, libiche e non solo, che nulla c’entrano col pallone, pericolosi e senza scrupoli, ingolositi solo da un “business“ molto redditizio". Un allarme serio con accuse ben precise. Parole forti quelle di Jean Claude Mbvoumin, 46enne ex calciatore del Camerun e oggi in prima linea nella lotta alla “tratta dei nuovi schiavi“. Fu lui, ex-nazionale dei leggendari Leoni Indomabili, quelli che per primi rivelarono al mondo la qualità del calcio africano, a fondare nel 2000 Culture Foot Solidaire, associazione internazionale con sede a Parigi (e uffici di corrispondenza a Bamako, Dakar, Yaoundé, Losanna) che sostiene le migliaia di aspiranti calciatori perduti alla ricerca del sogno.

Signor Mbvoumin quanti sono i calciatori che ogni anno arrivano dall’Africa all’Europa? Che età hanno? "Negli ultimi anni siamo passati da 15mila a circa 18mila minori. Bambini e adolescenti, di età compresa tra i 10 e i 18 anni. Praticamente tutti minorenni, prelevati o convinti con l’inganno, con la promessa di sfondare nel mondo del calcio e che invece spesso diventano manodopera a basso costo nelle mani di criminali e sfruttatori". E quanto pagano per inseguire il pallone promesso? "Si va dai 3.000 ai 10mila euro, e molte famiglie s’indebitano con presunti “procuratori“, convinti di assicurare un futuro ai figli. Invece pagano per la loro rovina. Però ci sono anche casi in cui i raga-zzi non pagano. Sono quelli che hanno più talento e gli intermediari sperano di guadagnare qualche soldo offrendoli anche a club di dilettanti. Spesso uno crede di seguire le orme di Eto’o e Drogba e nella migliore delle ipotesi finisce nella serie B spagnola. O nel lontanissimo Laos..." Chi sono i trafficanti di calciatori? "La questione è complessa perché il reclutamento di giocatori è diventato un business, una enorme torta da spartire. Ci sono i mediatori che lavorano sul posto e agganciano i ragazzi, poi agenti Fifa che si presentano in giacca e cravatta senza sporcarsi le mani. E poi tanti criminali, da quelli che falsificano i documenti ad altri che organizzano i viaggi, buttando nella rete dell’immigrazione clandestina anche i giovani atleti. Il peggio dell’instabilità politica del Nord Africa". E la polizia e le altre autorità non possono intervenire? "Il lavoro della polizia è difficile perché il fenomeno è clandestino in linea. Io chiamo questi ragazzi “gli invisibili“. La tratta di minori è parte integrante della tratta di migranti, questo è un aspetto che ancora in pochi capiscono. La polizia ora può agire semplicemente controllando i club e l’applicazione delle norme, di più non può fare. Come le Federazioni. Perché dal punto di vista giuridico, quando un calciatore dimostra di avere un contratto come apprendista o professionista, è già tardi per intervenire". Quanti trovano squadra? "I più giovani, quelli di età inferiore ai 16 anni, possono facilmente sistemarsi in un club di dilettanti, ma dipende dalla legge dei paesi europei, che non è sempre la stessa. Per fortuna dal 2009 la Fifa ha inasprito le regole ed è più difficile concedere permessi ai giovani africani, che finiscono per essere abbandonati nelle stazioni, senza soldi o documenti". Diceva che l’Italia è diventata quasi un passaggio obbligatorio per questo viaggio della speranza... "Purtropo sì. Sappiamo che molti giovani giocatori africani arrivano sui barconi dall’Africa o dalla Spagna. Non solo Lampedusa, ma anche Ventimiglia. Ma già alle frontiere con la Svizzera qualcuno resta solo, il suo interlocutore sparisce. Molti giovani mi chiamano dal Marocco chiedendo aiuto, alcuni sono morti in mare e io dico a tutti: state attenti a salire sulle barche". Il problema è che alle frontiere in tanti arrivano senza documenti... "Ecco perché spesso, soprattutto i ragazzi in arrivo dalla Nigeria, dal Senegal e dalla Costa d’Avorio vengono dirottati in Svizzera. È lì che esiste un vero e proprio traffico di documenti e passaporti. E i criminali aggirano il regolamento Fifa che prevede il divieto di tesseramento di minori- Di tutto questo parlo anche nel mio recentissimo libro". E la Fifa perché non interviene in maniera più decisa? "Noi abbiamo proposto la creazione di centri d’informazione in Africa per combattere questo problema. Ma non abbiamo molto ascolto. Ho la sensazione che, al di là delle parole, non ci sia grande interesse a fermare questo traffico di esseri umani". Quanti giocatori entrano in Italia ogni anno? "La maggior parte, circa 8mila. Quasi tutti passano dalla Svizzera, gli altri vanno verso la Francia. Un esercito di disperati, a sentire i loro racconti: qualche tempo fa il parente di un giovane calciatore africano mi ha riferito che alcuni ragazzi arrivavano a bordo di un piccolo aereo passeggeri e poi venivano gettati in mare vicino alla costa italiana solo con i salvagente. Chi riusciva a nuotare si salvava, altri annegavano". I più fortunati invece i documenti se li portano da casa... "È facile trovare un passaporto in alcuni paesi africani. Con un po’ di soldi tutto è possibile. Ma anche per loro il discorso non cambia, quelli che non vengono reclutati dai club sono completamente abbandonati, per strada. In ogni caso i ragazzi non vogliono più tornare in Africa, poiché le loro famiglie hanno speso un sacco di soldi, rischiano di essere brutalizzati, c’è anche la vergogna del fallimento".