Traffico di uomini, la rotta lombarda: la speranza costa fino a 3mila euro

Varese, la scoperta di un furgone in un piccolo valico per la Svizzera svela il sistema delle gang kosovare

Un gruppo di migranti in un'immagine di repertorio

Un gruppo di migranti in un'immagine di repertorio

Milano, 8 luglio 2018 - Migranti stipati su furgoni, che cercano di sfuggire ai controlli ai valichi di frontiera minori fra l’Italia e la Svizzera, guidati in cambio di denaro nel viaggio della speranza verso il Nord Europa. Organizzazioni criminali che vedono inediti patti affaristici fra passeur e trafficanti, personaggi legati al gruppo paramilitare albanese Nuovo Uck e Cosa Nostra, holding con sponde in mezza Europa. Inchieste hanno ricostruito le rotte dei trafficanti di esseri umani, con Milano e la Lombardia come snodo centrale per raggiungere le frontiere. L’ultima indagine dei carabinieri, coordinati dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo, che ha portato a 17 fermi, è partita anche da un episodio accaduto a Ponte Cremenaga, piccolo valico di frontiera fra il Varesotto e il Canton Ticino. Alle 20.40 del 13 marzo dell’anno scorso un furgone con targa svizzera oltrepassa il confine e viene fermato dalla polizia elvetica. A bordo 11 persone, migranti e passeur. E un “tesoretto” formato dai soldi pagati dai profughi per il viaggio: circa tremila euro a testa. I migranti vengono rimandati in Italia, e le mosse successive dei passatori dimostrano il grado di preparazione della holding criminale con a capo il kosovaro Arben Rexhepi, membro durante la guerra dei Balcani del “Gruppo del comandante Teli”, una formazione paramilitare dell’Uck.  Nella notte fra il 14 e il 15 marzo alcuni dei migranti respinti, in contatto con il fratello di Arben, Driton Rexhepi, vengono prelevati nel Varesotto e portati in una base fra Colico e Morbegno, con l’aiuto di Xhemshit Vershevci, un kosovaro di 48 anni che viveva a Delebio, in provincia di Sondrio. Questa volta il viaggio va a buon fine, perché da Sondrio riescono a entrare illegalmente in Svizzera a bordo di un’auto con i vetri oscurati guidata da una donna, Jlenia Fele Arena. Un gruppo che in Lombardia contava anche sull’appoggio di due italiani, anche loro fermati: il 48enne comasco Franco Mapelli e il fratello 52enne Tiziano Moreno, di Bellano. Era Arben Rexhepi, secondo le accuse, a reclutare nei Balcani i profughi disposti a pagare tremila euro nel tentativo di raggiungere la Svizzera.

Venivano caricati su furgoni e portati in Italia varcando la frontiera a Trieste. Da Venezia prendevano un treno per Milano, dove venivano prelevati da Driton Rexhepi e portati verso il Canton Ticino. Sono decine i viaggi, documentati anche attraverso intercettazioni. Un flusso costante e remunerativo per i trafficanti, finiti nella rete dei carabinieri. Un altro canale consentiva a slavi di entrare in Italia con falsi contratti di lavoro. Indagini della Dda di Milano avevano smantellato un’altra gang, composta da egiziani in grado di organizzare decine di viaggi. I migranti sbarcati sulle coste siciliane risalivano la penisola e arrivavano alla stazione Centrale di Milano. Raggiungevano Pavia e poi Ventimiglia a bordo di treni regionali, tentando di entrare in Francia nascosti su furgoni. I prezzi variavano da 500 fino a mille euro. Lo scorso 31 maggio sono arrivate le condanne in primo grado fino a 11 anni di carcere, per nove persone accusate di associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina.