ANDREA MORLEO
Cronaca

Spiagge libere e addio concessioni? Ecco cosa succederà

Canoni vecchi, pochi soldi per lo Stato e coste sempre più lottizzate. Viaggio in un settore in subbuglio dopo la rivoluzionaria sentenza del Consiglio di Stato

Le spiagge di Ostia

L'estate è ormai un pallido ricordo ma le spiagge restano al centro del dibattito politico. Nella Manovra 2022 il governo è pronto a inserire un limite alle concessioni balneari anche sulla scorta della decisione del Consiglio di Stato di una proroga delle concessioni balneari solo fino al dicembre 2023. Dal 1° gennaio 2024 tutte le concessioni in essere decadranno, dovranno essere ridiscusse e soprattutto "non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza», come hanno stabilito i giudizi l'adunanza plenaria presieduta da Filippo Patroni Griffi. La prospettiva di una nuova fase di liberalizzazione del settore divide su due fronti opposti i partiti che sostengono il governo Draghi: da una parte M5s e Pd che come gli ambientalisti plaudono alla ritrovata legalità e concorrenza, dall'altra un fronte compatto di Lega, FI e FdI che insieme alle associazioni di categoria - 30mila aziende rappresentate, 800mila lavoratori e  un volume d'affari di 15 miliardi di euro all'anno - si dicono contrari per una sentenza che viene sentita ingiusta che potrebbe gettare "il turismo balneare nel caos". Nuovi attriti per la maggioranza che si trova ad affrontare il tema spiagge gestito nel nostro Paese con regole vecchie anomalie spesso macroscopiche. Ecco la situazione: numeri, regole e alcuni esempi di storture tutte tipicamente italiane, che ora però richiedono un intervento al passo con i tempi.

Il boom

Spiagge libere e gratuite? Sempre più un miraggio In Italia oltre il 50% delle aree costiere sabbiose è sottratto alla libera e gratuita fruizione. A pesare su ciò, in prima battuta, è l'aumento esponenziale in tutte le Regioni delle concessioni balneari che nel 2021 arrivano a quota 12.166 (contro le 10.812 degli ultimi dati del Demanio relativi al 2018) registrando un incremento del +12,5%. Tra le regioni record ci sono Liguria, Emilia-Romagna e Campania con quasi il 70% dei lidi occupati da stabilimenti balneari. Altri decisi incrementi si registrano in Abruzzo con un salto degli stabilimenti da 647 nel 2018 a 891 nel 2021 e nelle regioni del sud a partire dalla Sicilia dove le concessioni per stabilimenti balneari sono passate da 438 nel 2018 a 620 nel 2021, con un aumento del +41,5%; seguita da Campania che registra un aumento del +22,8% e dalla Basilicata (+17,6%). E' quanto emerge dal report ''Spiagge libere 2021'' di Legambiente. 

I record

Tra i comuni costieri, il record spetta a Gatteo Mare, è quello che ha tutte le spiagge in concessione, ma si toccano numeri incredibili anche a Pietrasanta con il 98,8% dei lidi in concessione, Camaiore con il 98,4%, Montignoso con il 97%, Laigueglia con il 92,5%, Rimini con il 90%, Cattolica con l'87%, Pescara con l'84%, Diano Marina con il 92,2% dove disponibili sono rimasti solo pochi metri in aree spesso degradate. 

Lo Stato piange

Uno pensa che a fronte di un'esplosione delle concessioni lo Stato finisce con l'incassare un sacco di soldi. Per fare un esempio, il report cita le 59 concessioni del Comune di Arzachena, in Sardegna, per le quali lo Stato nel 2020 ha incassato 19mila euro l'anno. Una media di circa 322 euro ciascuna l'anno. Perché? I criteri per stabilire i canoni risalgono moltissimo tempo fa e vanno riparametrati. I sostenitori della sentenza puntano il dito sul prezzo troppo basso delle concessioni, che attualmente portano nelle casse dello Stato non più di cento milioni di euro.

Legambiente

"Ora si spera che le cose possano cambiare e migliorare, accelerando nella direzione della qualità e della sostenibilità». Lo dice il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini che ha salutato come una vittoria in nome del paesaggio italiano e della sua fruibilità la sentenza del Consiglio di Stato. Proprio l'associazione ambientalista nel suo Rapporto 2021 aveva denunciato l'occupazione sempre più aggressiva a danno delle coste italiane

Federbalneari

"Non dimenticano i soldi delle nostre tasse, che sono il 65% di quel volume d'affari di 15 miliardi», sottolinea il presidente di Federbalneari Marco Maurelli. Il problema, denunciano i balneari, è nella data fortemente anticipata che toglie ai gestori dei lidi italiani ogni certezza sul futuro, vanificando mutui e investimenti fatti dopo che l'allora governo giallo-verde con la Finanziaria 2018 aveva esteso al 2033 la proroga delle concessioni. "Aspettiamo ansiosi che il governo ci convochi" dice Maurelli, l'esecutivo "deve assumersi le sue responsabilità". Perché il settore, spiega, "chiedeva da 10 anni una riforma delle concessioni".