LUCA BALZAROTTI
Cronaca

Smog, fumo e Covid: in Lombardia record di malattie respiratorie

Milano, pneumologi e riabilitatori a confronto sull’emergenza. Il 6,8% chiamato a convivere con ostruzioni respiratorie. L’esperto: "Crescita continua, è la quarta causa di morte"

Smog in una foto d'archivio (Spf)

Smog in una foto d'archivio (Spf)

L’aumento di pazienti con malattie croniche respiratorie in Lombardia "è lento ma costante". Tanto che pneumologi e riabilitatori hanno avvertito la necessità di organizzare a Milano un confronto in una delle regioni dove si concentrano più malati affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco). I sintomi più diffusi sono tosse secca e fiato corto (dispnea). "Provoca oltre il 50% delle morti per malattie respiratorie e circa il 6% dei decessi totali: è la quarta causa di morte nel mondo" fa sapere Andrea Lanza, presidente di ArIR (Associazione riabilitatori dell’insufficienza respiratoria), tra i promotori.

Quanti lombardi ne soffrono?

"Sono circa 670mila sui 3 milioni a livello nazionale. La regione ha tra i tassi più alti".

Qual è il trend?

"Secondo i dati Istat, negli ultimi 10 anni c’è stato un lento ma costante incremento dal 5,8% del 2013 all’attuale 6,2%. In Lombardia, nello stesso periodo, si è passati dal 5,1% al 6,8%".

Quali sono le cause?

"La Bpco è spesso denominata “malattia del fumatore”. Ma concorrono anche fattori genetici, l’iperreattività delle vie aeree e il minor sviluppo del polmone durante l’infanzia per infezioni respiratorie e fattori ambientali tra cui l’inquinamento atmosferico o professionale".

C’è una correlazione tra l’alto tasso lombardo e lo smog?

"Ci sono sufficienti evidenze sulla correlazione fra l’esposizione all’inquinamento atmosferico come le polveri sottili (Pm10 e Pm 2.5) e la mortalità causata da infezioni delle basse vie respiratorie".

Cos’ha cambiato il Covid?

"Il primo effetto è stata la contrazione di richieste di esami, visite specialistiche, nuove diagnosi e trattamenti. L’ambito respiratorio è stato il più colpito: Bpco e asma hanno perso rispettivamente il -25% e -19% di diagnosi effettuate e un crollo delle visite mediche superiore al 38%. La pandemia ha inoltre accentuato una situazione già critica per la presa in carico dei pazienti: gli ambulatori con spirometri erano insufficienti a far fronte alle necessità dei pazienti nel periodo pre-Covid. Le chiusure durante l’emergenza hanno creato ritardi nelle diagnosi e terapie difficili da colmare nonostante i piani di recupero. Dobbiamo sorvegliare sia gli effetti di questi ritardi sulla salute, sia la portata delle sindromi da long-Covid".

Quale fascia d’età richiede più assistenza?

"I dati Istat dicono che nel 15,8% dei casi sono gli over 75, ma assistiamo a un incremento significativo già dai 60 anni. In Lombardia, secondo il dataset “Popolazione cronica Regione Lombardia“, nel 2017 si contavano circa 70mila soggetti con Bpco nella fascia di maggior prevalenza (65-79 anni)".

Qual è il protocollo adottato per la cura dei pazienti ?

"Oltre alle necessarie modifiche nello stile di vita (smettere di fumare, mantenere un adeguato livello di attività fisica e una corretta alimentazione), i trattamenti farmacologi (farmaci e ossigenoterapia) e la riabilitazione pneumologica sono fattori chiave. Eppure solo il 20% rispetta la prescrizione medica: spesso si sospendono i medicinali al superamento della fase critica. La sola terapia farmacologica, però, non è in grado di modificare il circolo vizioso a cui inconsapevolmente i soggetti affetti da patologia respiratoria cronica vanno incontro assumendo uno stile di vita sempre più sedentario. Occorre la riabilitazione pneumologica, che incide sulla prevenzione delle riacutizzazioni, sul miglioramento dei sintomi (il principale, la dispnea), sulla qualità di vita e sulla sopravvivenza. Esistono inoltre evidenze anche sulla riduzione della durata delle ospedalizzazioni con conseguente diminuzione dei costi sanitari".

Quanti specialisti sono coinvolti?

"I protagonisti sono pneumologi e fisioterapisti specialisti in fisioterapia respiratoria in stretta integrazione con i medici di medicina generale. Ma il programma può prevedere anche la presenza di infermieri, psicologi, nutrizionisti e altri professionisti. Il fisioterapista gioca un ruolo centrale nella valutazione dei bisogni riabilitativi e nell’impostazione dei programmi di intervento. Il Covid ha insegnato l’importanza di una corretta sinergia tra tutte le professioni".