Asili nido a rischio in Lombardia: i soldi ci sono, manca il personale

Un Comune su cinque non ha nessun servizio per l'infanzia

Asilo nido

Asilo nido

I soldi ci sono, i tecnici a disposizione degli enti locali per finalizzare i progetti un po’ meno, mentre la disponibilità di educatori è un’incognita. Così, nonostante il Pnrr, si rischia di non raggiungere l’obiettivo europeo del 45% di copertura entro il 2030 di bambini e bambine con i posti nei nidi. A lanciare l’allarme sono Alleanza per l’infanzia (think tank al servizio di bambini, bambine e adolescenti, nella foto in alto la portavoce Chiara Saraceno) ed EducAzioni (network di 10 reti e alleanze per il contrasto alla povertà educativa e della promozione dei diritti di infanzia e adolescenza), che temono che non venga data piena attuazione al Pnrr in merito alla creazione di posti nido. Il dato di partenza, in Lombardia, dice che si parte da una copertura che è sotto l’obiettivo del 33% fissato per il 2010.

I dati Istat (2020, ultimi disponibili), elaborati da Openpolis, evidenziano come in Lombardia ci siano 68mila i posti offerti nei nidi e nei servizi per la prima infanzia, a fronte di circa 230mila residenti con meno di 3 anni, con una copertura del 30,5% (27,2% la media italiana). Profonde le differenze tra i territori: fra le province, si passa dal 33,4% di Monza e Brianza (copertura più elevata) al 23,8% di Sondrio (la più bassa); nel mezzo si collocano Bergamo (32,9%), Lecco (30,2%), Brescia (26,7%), Como (26,4%). Anche all’interno delle province c’è un forte divario grandi città e comuni più piccoli, soprattutto nelle aree interne.

Tra i capoluoghi, quasi tutti superano il 40% (Bergamo è al 49,6%, Lecco al 45,3%, Brescia al 43,7%, Como al 42,6%, Sondrio al 40%), mentre 1 Comune lombardo su 5 non ha nessun servizio per l’infanzia. Il Pnrr dovrebbe ridurre il gap con la creazione o l’ampliamento di nuovi nidi, che non sono solo un importante strumento di conciliazione famiglia-lavoro per i genitori di bambini e bambine piccoli, ma sono anche e soprattutto strumenti per promuovere lo sviluppo delle potenzialità di ciascun minore, nella prospettiva di costruire una società più equa e inclusiva.

"Per questo – scrivono le due reti – devono essere diffusi capillarmente e resi accessibili, anche economicamente, a tutti i bambini/e a prescindere dallo status occupazionale dei genitori. Devono anche essere qualificati chiaramente come servizi educativi, con personale adeguato e professionalmente preparato". Il nodo del personale è, però, di essere dirimente: se non sarà risolto, il rischio è di ritrovarsi con scatole vuote. In Lombardia, è prevista infatti la creazione di 22.573 posti nell’ambito dei servizi educativi 0-6 grazie a 361 milioni di interventi legati al Pnrr.

Questo porterà ad un fabbisogno di 3.225 educatori (32.143 in tutta Italia) in più rispetto a quelli presenti, che saranno dimezzati entro 10 anni per effetto dei pensionamenti. "È quindi urgente una progettazione articolata e congiunta tra Atenei, Amministrazioni regionali e Enti Locali affinché siano qualificati educatrici, educatori e docenti in numero corrispondente al fabbisogno previsto nei vari territori, anche per evitare, come già accade per altri ordini scolastici, problematici fenomeni di migrazione di docenti da una regione all’altra".