MASSIMILIANO FINAZZER FLORY
Cronaca

Morto Gigi Proietti, il ricordo di Finazzer Flory: "Ironico e autoironico"

Il drammaturgo milanese elogia il grande attore romano: "Perchè si va a teatro? Proietti è stata una risposta."

Gigi Proietti con Massimiliano Finazzer Flory

Milano, 2 novembre 2020 - Ironia e autoironia. Se né andato lo stesso giorno che era arrivato. 2 novembre. Gigi Proietti. Il nome comune di almeno due generazioni che hanno visto e vissuto un’Italia che ora capiamo, solo ora, era una grande Italia. Dove il teatro era un’arte e una vocazione. Dove lo spettacolo non era solo dal vivo ma vero.

Il mio ultimo incontro con Proietti è stato il 15 febbraio 2016. Su un palco ma di un museo Palazzo Barberini naturalmente a Roma. Nel contesto de “Il gioco serio dell’arte” gli presentai il suo ultimo libro: “DECAMERINO novelle dietro le quinte” una sorta di zibaldone dove pensieri e poesie, versi e verità facevano da eco a una sua citazione: «sostengo spesso che il teatro si fa tra il falso e il finto. La magia è trovare il vero che è nascosto». Anche qui Proietti “proiettava” la sua filosofia di vita che viveva il tempo del comico come un tempo per esorcizzare, sublimare e forse eroicizzare la nostra finitudine. Dove il riso e le rughe si contendono lacrime e sorrisi.

Se sconvolge la sua morte oggi è perché essendo ormai Gigi un mito ovvero un racconto di noi stessi con la sua scomparsa una parte di noi muore. Prima dell'incontro quel giorno scherzammo sul libro ovvero che il decamerino non fosse altro che il camerino, quel luogo della mente, la scena prima della messa in scena, dove il teatrante, ormai solo, si chiede ancora confuso come sempre con il trucco addosso: perché il teatro? Perché si va a teatro? Proietti è stata una risposta.