Morto Gianluigi Gabetti, braccio destro di Agnelli e uomo della svolta Fiat

Si è spento a Milano, aveva 94 anni

Gianluigi Gabetti

Gianluigi Gabetti

Milano, 14 maggio 2019 - E' morto nella notte, a Milano, Gianluigi Gabetti. Aveva 94 anni. A darne l'annuncio è stata la famiglia. I funerali si svolgeranno in forma privata. Gabetti è stato uno degli uomini chiave nella gestione delle varie transizioni nella catena di comando del gruppo Fiat e poi Fca. Insieme a Franzo Grande Stevens, raccordò le scelte dei vari rami della famiglia per il mantenimento della quota di controllo, sia quando mancò l'avvocato Gianni e poi suo fratello Umberto. Fu al centro della vicenda legata al cosiddetto "convertendo" concesso a un pool di banche, in cambio di liquidità all'inizio degli anni Duemila. All'arrivo di Sergio Marchionne, nel 2004, stabilì nei primi anni della gestione del manager italo-canadese un rapporto di collaborazione molto stretta, ma anche un'amicizia imperniata tra le altre cose per la comune grande passione per la musica classica. 

GLI ESORDI - Era il 1971 quando Gianluigi Gabetti, una laurea magna cum laude in giurisprudenza ottenuta all'Ateneo di Torino, incrociò a New York l'avvocato Giovanni Agnelli. Gabetti stava portando a termine il risanamento della Olivetti 'americana' e il grande capo della Fiat rimase in qualche modo colpito da quel piemontese riservato e schietto: dopo una breve visita al Moma, gli offrì subito la direzione generale dell'Ifi. Gabetti si prese un giorno per accettare e lasciarsi il passato alle spalle, prima alla Banca Commerciale Italiana, presso la sede di Torino, di cui era stato vicedirettore, poi all'azienda di Ivrea. Partì da lì, dalla finanziaria del Gruppo, la lunga liason con la Famiglia, che lo portò alla vicepresidenza della Fiat (dal 1993 al 1999), alla presidenza dell'Ifil (2003-2008) a quella di Exor.

LA CARRIERA - Negli anni trascorsi all'Ifi e all'Ifint, Gabetti riuscì a mettere insieme operazioni di grande rilevanza, forse la più prestigiosa e 'rumorosa' fu - assieme con Enrico Cuccia - l'accordo con i libici di Libyan Arab Foreign Investment (Lafico) per la sottoscrizione di un aumento di capitale della Fiat, acquisendo il 4,7% della società e versando 415 milioni di dollari. Dieci anni dopo, attraverso l'Ifi, riacquistò per 1 miliardo di dollari 90 milioni di azioni Fiat dalla Lafico, portando al 40% la partecipazione di Gruppo al capitale ordinario Fiat. Dalla sede ginevrina di Exor, a metà degli Anni '90, pilotò alcuni investimenti internazionali, compresa una partecipazione (il 20%), del Rockefeller Center di New York.

GABETTI E GLI AGNELLI - Rientrò a Torino solo per stare vicino all'avvocato Agnelli negli ultimi mesi della sua esistenza. Fu Umberto Agnelli, dopo la morte del fratello maggiore, a chiedergli di rientrare al lavoro, affidandogli la presidenza dell'Ifil. Ma la prematura scomparsa del dottore lo catapultò ancora più al centro degli affari di famiglia: Gabetti divenne presidente della Giovanni Agnelli e C. Sapaz, presidente dell'Ifi e dell'Ifil. Fu lui, in qualche modo, a pilotare la presidenza di Luca Cordero di Montezemolo e fu ancora lui a dare il beneplacito per 'l'assunzione' di Sergio Marchionne, che era ad di Sgs, come amministratore delegato di Fiat. Sempre lui, soprattutto, a lavorare per la successione del comando a John Elkann, il nipote prediletto dell'Avvocato di cui è stato protettore e consigliere.