Il patrimonio segreto di Matteo Messina Denaro, 5 miliardi. Chi lo gestiva e lo gestirà?

L'incredibile ruolo di un ex elettricista in provincia di Pavia, tra i cinque uomini più ricchi d'Italia, che la Dia indagava come prestanome per i soldi del boss

Carmelo Patti, ex patron Valtur, indagato come prestanome di Matteo Messina Denaro

Carmelo Patti, ex patron Valtur, indagato come prestanome di Matteo Messina Denaro

Un nome, un destino. Soldi, ecco cosa ha connotato tutta la sua vita votata al crimine. Ma a quanto ammonta il patrimonio di Matteo Messina Denaro e, soprattutto, chi glielo gestiva o glielo gestirà? Di lui si sa con certezza che amava il lusso, le donne, le belle auto e i vestiti firmati. Tutti sfizi che, nonostante la sua nomea di “invisibile“, può si è potuto togliere grazie all’immensa ricchezza che ha accumulato. Un patrimonio stimato, per difetto, in almeno cinque miliardi di euro. In pratica il PIL di un piccolo Stato.

Una massa di denaro enorme e difficile anche da nascondere, senza attirare l’attenzione degli investigatori. E quindi senza speciali coperture. Certo, molti dei suoi beni sono stati confiscati, per esempio un intero parco eolico, e adesso sono nelle mani dello Stato: palazzi, ville, appartamenti, terreni e liquidità in decine di conti correnti postali. ma si parla di milioni di euro, non di miliardi. La punta di un iceberg la cui enorme massa rimane sommersa. Chi la gestisce? 

Tra le figure finite sotto la lente dello Stato, c’è un ex elettricista con licenza elementare, divenuto finanziere, che abitava a Robbio, in provincia di Pavia, fin da quando ci si era trasferito con il padre, a 26 anni. Stiamo parlando di Carmelo Patti, da Castelvetrano, morto nel gennaio 2016, ai cui eredi la Dia ha confiscato beni per la bellezza di un miliardo e mezzo di euro. I sigilli erano scattati per società, villaggi turistici, disponibilità bancarie sulla base di un provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani.

In realtà il Tribunale di Trapani, su richiesta della procura antimafia di Palermo. aveva fatto i conti in tasca all’uomo d’affari nato a Castelvetrano computando una cifra più di tre volte superiore: 5 miliardi, il sequestro di beni più alto della storia. In quell’occasione sono passati allo Stato i beni della vecchia Valtur, oggi in amministrazione straordinaria: tre resort al momento chiusi (Punta Fanfalo, Favignana; Isola Capo Rizzuto, Crotone; Kamarina, Ragusa), il Golf club Castelgandolfo, una imbarcazione in legno di 21 metri, la ‘Valtur Bahia’. E poi ancora 400 ettari di terreni, 232 immobili e 25 società che operano anche nel settore del cablaggio di componenti elettrici per autovetture.

Le indagini della Dia, da quel punto in poi, hanno consentito di fare luce sui “legami di Patti con numerosi personaggi organici alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, capeggiata proprio da Matteo Messina Denaro”. Ad emergere era stata la sproporzione tra i redditi dichiarati e gli investimenti effettuati da Patti. Il punto di svolta della sua parabola, per la Dia, avviene infatti quando, nel 1991, Patti assume come commercialista Michele Alagna, fratello di Franca Anna Maria, la donna dalla quale Matteo Messina Denaro avrebbe avuto una figlia, poi non riconosciuta, Lorenza. Alagna si interfaccia con Patti e i riscontri della Dia qui si intensificano.

Patti non era un personaggio qualunque. Nel 1998, per la cifra astronomica di 300 miliardi di lire, aveva acquistato la Valtur, che nel 2010 si sarebbe ritrovata una situazione patrimoniale drammatica: 358 milioni di debiti a fronte di 187 di fatturato. Ma Patti aveva acquistato anche la Cablelettra, una società che lo aveva reso ricco e con un sistema di scatole cinesi poi raccontato dal commissario Federico Sanasi, che parlerà anche di passaggi di denaro, uno dei quali proprio verso la holding che era diventata proprietaria della ex Valtur. 

Carmelo Patti insomma era uno degli uomini più ricchi d’Italia, ma secondo i giudici era solo un prestanome del superpadrino latitante Matteo Messina Denaro. Proprio lui, nato poverissimo a Castelvetrano nel 1934, era dapprima diventato il padrone della Valtur (la più grande industria turistica italiana), poi il proprietario di altre cinquanta società. Certo, la vicenda Valtur si era tradotta in uno dei più gravi dissesti finanziari nazionali. Ma non lo aveva nesso in ginocchio.

Oltre alla Valtur, fin dall’inizio nel patrimonio di Patti ci sono società per il cablaggio, per ristrutturazioni edilizie, costruzione di ponteggi e infissi, immobiliari, alberghi, olio d’oliva, finanziarie, la gestione dell’aeroporto di Palermo, cementifici, terreni, abitazioni, barche. Per il valore di cinque miliardi di euro con una «inquietante sperequazione tra redditi e investimenti». Patti, con i suoi cinque miliardi di patrimonio, era entrato nei top five italiani, alla pari con Berlusconi e appena sotto Michele Ferrero (Nutella e altro, nettamente il primo), Alessandro Del Vecchio (Luxottica), la famiglia Benetton e Giorgio Armani.

 Ma questi cinque miliardi sarebbero stati, in effetti, di proprietà di Matteo Messina Denaro. ma non è tutto. Nel 2011 furono confiscati a un certo Giuseppe Grigoli, ex venditore di detersivi di Agrigento, le quote dei supermercati Despar della Sicilia occidentale. Valore? Un miliardo di euro. Anche questi erano di Matteo Messina Denaro. Poco dopo, è toccato a un vecchietto di nome Rosario Cascio (una vecchia  conoscenza di Cosa Nostra) vedersi sequestrati cinquecento milioni e un bel mazzetto di società cementifere. Anche questi erano di Matteo. 

Infine c’è una catena di centri commerciali sparsi in mezza Sicilia. Sommando e calcolando per difetto, Matteo Messina Denaro, nei suo trent’anni di latitanza, sarebbe stato titolare del secondo patrimonio italiano, spaziando tra industria turistica, componentistica per automobili, edilizia e grande distribuzione. Ora questo patrimonio rientrerà nelle disponibilità dello Stato. O, se così non fosse, anche in parte, che ne sarà l’occulto gestore?