
Alberto Pellai, psicololo dell'età evolutiva
Milano – "Luca è stato l’oggetto di uno scontro di poteri, che ha messo una regola burocratica davanti a ogni interesse del minore. Non avrei mai immaginato questo esito”.
Alberto Pellai, psicologo dell’età evolutiva, ha seguito da vicino il caso del bimbo affidato in fasce a una famiglia di Varese e ora, quattro anni dopo, dato in adozione ad altri genitori. Il Tribunale dei minori ha respinto il ricorso della coppia affidataria.
“E ora scopro che, avendone parlato in modo ufficiale e pubblico, ho contribuito alla decisione di allontanare velocemente e definitivamente il bambino dalla famiglia che lo ha amato e cresciuto dal primo mese di vita. Mi sono trasformato per Luca da fattore di protezione a fattore di rischio, cosa che mi fa soffrire oltremodo”.
Dottor Pellai, è un epilogo che nessuno si aspettava.
“Certamente no, essendo inappropriato sotto tutti i punti di vista”.
Le sue posizioni pubbliche come avrebbero influito?
“Nell’eccesso di mediatizzazione è stato detto. Come dire che la famiglia non merita Luca perché ha reso pubblica un’ingiustizia tremenda e alcuni esperti ne hanno parlato. Dovevo stare zitto? Quel bambino di 4 anni neanche sa cosa voglia dire ‘mediatizzazione’, ma la subisce. Avendo già subìto tutto il resto”.
Non le sembra che Luca sia tanto mediatico quanto invisibile alla giustizia?
“Basterebbe chiedersi quale è il suo bene maggiore. Invece, si sprecano energie, dolore, fatica enorme. Pensiamo alla famiglia adottiva che ha una spada di Damocle sulla testa e sa che la Cassazione potrà riportare il bambino dai genitori”.
È ottimista?
“Presumo che se qualcosa è stato ingiusto, qualcuno lo dirà, no? E, allora, la domanda è la stessa: perché tutto questo tempo buttato per generare dolore inutile? Se persone competenti e incompetenti sono concordi nel dire che Luca doveva restare con i genitori che lo hanno cresciuto, perché quel sistema dice il contrario?”.
Secondo lei perché?
“Perché quel bambino è stato un fascicolo gestito malissimo. E ammetterlo costava troppo. Non si sono accorti di cose già fatte da loro, ad esempio chiedere disponibilità di adozione alla famiglia affidataria, proprio perché considerata competente e accogliente. Con superficialità hanno disposto il decreto adottivo. E poi lo hanno firmato”.
Quali precedenti si aprono?
“Erano già spalancati. Non sto a dire le testimonianze ricevute. Questo caso era così semplice. Invece, si è scelto di fare tutto quello che non andava fatto e chi ha contestato è stato definito irresponsabile. Nei 4-6 mesi di ricorso il bambino pagherà in investimento affettivo, tentativo di adattarsi ad altra situazione, perdere mesi di una vita a cui ha diritto e soffrire ancora. Si dica, almeno, che si va domani in Cassazione. O ci diano subito motivazioni tecniche e scientifiche per spiegarci perché deve vivere altrove. La legge ha già previsto tutte le specifiche, la clinica dice che il suo bene è un altro e il dato concreto parla di una famiglia competente. In questo epilogo non ho trovato un solo elemento che mi lasci tranquillo e solo per averlo detto ho pure prodotto un danno maggiore al bambino. Un sistema che vuole zittire chi parla è un sistema che non funziona”.
Luca come sta?
“Dicono che sta benissimo. Come si fa a dire che sta bene un bimbo a cui sono morti i genitori? E se pure lo dice e lo sembra, significa che il trauma è ancora più grande e uscirà di botto magari tra 6 mesi”.