Lidia Macchi, i legali di Binda: no a incidente probatorio su testimoni

La richiesta riguarda la testimonianza della donna che riconobbe come scritta dall'indagato la lettera anonima inviata alla famiglia della vittima poco dopo il ritrovamento del corpo

Lidia Macchi (Newpress)

Lidia Macchi (Newpress)

Varese, 26 gennaio 2016 - I legali di Stefano Binda, in carcere per l'omicidio di Lidia Macchi, si opporranno alla richiesta di incidente probatorio chiesta dalla Procura di Milano di sentire alcuni testimoni. La richiesta riguarda, in particolare, la testimonianza della donna che riconobbe come scritta dall'indagato la lettera anonima inviata alla famiglia della vittima poco dopo il ritrovamento del corpo. Fu la donna a fornire delle cartoline scritte da Binda che furono paragonate alla lettera che una perizia grafologica stabilì essere stata scritta da Binda, anche se il Dna trovato sulla busta non risulta essere suo.

Per i difensori, non esistono i presupposti per l'incidente probatorio in quanto non vi sono testimoni che corrono pericolo di vita per ragioni di salute o perché minacciati. Gli avvocati Sergio Martelli e Roberto Pasella ricorreranno in Cassazione per ottenere la scarcerazione del loro assistito. Il sostituto pg di Milano Carmen Manfredda, titolare delle indagini sull'omicidio Macchi dopo l'avocazione alla Procura di Varese, domani sarà nella città lombarda per partecipare all' udienza in cui si discute la richiesta di archiviazione del pm di Varese delle indagini sulla morte di Marisa Maldera, prima moglie di Giuseppe Piccolomo, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Cocquio Trevisago dove fu uccisa la pensionata Carla Molinari, trovata morta in casa con le mani mozzate.

Marisa Maldera morì carbonizzata a bordo di un'auto. ma le figlie di Piccolomo ipotizzano che sia stato il padre a ucciderla. Anche in questo caso, la Procura generale aveva disposto l' avocazione delle indagini, mentre l'uomo è ancora indagato per l'omicidio di Lidia Macchi, anche se accertamenti sul dna hanno escluso che quello trovato su alcuni reperti riconducibili alla ragazza fosse il suo.