LEGNANO (Milano)
Alle 19 di sabato, Vasilica Potincu era ancora viva. A quell’ora, una telecamera conta-targhe ha immortalato la sua Polo bianca in arrivo a Legnano. La 35enne romena ha parcheggiato la macchina e si è incamminata verso l’appartamento al piano rialzato di via Stelvio 16, che usava per ricevere i clienti con i nomi Elena o Katty e che probabilmente condivideva con altre escort (il contratto d’affitto non sarebbe stato sottoscritto da lei).
L’autopsia, eseguita ieri, avrebbe datato l’ora della morte attorno a mezzanotte, quando Vasilica è stata colpita con nove fendenti: tutti tra il petto e la gola, tranne l’ultimo sferrato alla schiena; la lama da cucina era ancora conficcata tra le scapole quando un condomino dello stabile ha scoperto il corpo alle 14.30 di domenica. L’ipotesi privilegiata dagli investigatori, coordinati dal pm della Procura di Busto Arsizio Ciro Caramore, resta quella di un litigio con un cliente degenerato in aggressione letale. Uno scenario che esclude un coinvolgimento dell’ex marito connazionale, autotrasportatore, che domenica sera si è presentato con l’avvocato in caserma a Brescia per costituirsi.
Non per l’omicidio, bensì per un mandato di arresto europeo che pendeva sulla sua testa per reati predatori commessi nel 2018 nel suo Paese di origine. L’uomo ha assicurato di non sapere nulla della tragica fine della trentacinquenne. Dal passato di Vasilica è spuntata una denuncia per atti persecutori presentata nel 2023 contro un presunto stalker, che però ha un alibi già verificato dagli inquirenti: si trova in Puglia da tempo. E ancora: sembra che di recente qualcun altro abbia infastidito Vasilica, riferiscono alcuni residenti del palazzo di via Dante a Cinisello Balsamo dove la romena viveva con madre, sorella e figlio di 14 anni.
In questo caso, però, non risultano segnalazioni alle forze dell’ordine. E comunque la soluzione del giallo non andrebbe cercata in quella direzione, anche per un particolare che porta i carabinieri della Compagnia di Legnano a tenere sullo sfondo la pista del molestatore: la donna non si sarebbe svestita completamente se avesse avuto davanti una persona di cui aveva paura; e l’assenza di segni di colluttazione lascia pensare che si sia denudata volontariamente prima di un rapporto sessuale.
E si torna così al giro di clienti di Elena: i militari stanno cercando di ricostruire i movimenti attorno alla casa negli orari compatibili col delitto, scandagliando le celle telefoniche che coprono il quartiere periferico di Legnano. Verranno sentite pure le amiche della donna, per capire se a loro avesse segnalato qualcosa di strano di recente. A quanto risulta, la mamma e la sorella sapevano della vita parallela della 35enne (che lavorava anche come segretaria in nero in uno studio), ma non erano a conoscenza della casa di Legnano. A loro non aveva confidato nulla che potesse generare preoccupazioni.