LAURA LANA
Cronaca

Ibra, un tuffo nel dolore. Ucciso dal lago a 13 anni: "Strazio senza fine. Non potrò più viziarlo"

Cinisello, la gita con gli amici durante lo sciopero della scuola. Il quartiere di periferia si stringe alla famiglia dell’adolescente. Il fratello: non sapevo che non ci fosse lezione, attendiamo l’indagine.

Ibra, un tuffo nel dolore. Ucciso dal lago a 13 anni: "Strazio senza fine. Non potrò più viziarlo"

Ibra, un tuffo nel dolore. Ucciso dal lago a 13 anni: "Strazio senza fine. Non potrò più viziarlo"

CINISELLO BALSAMO (Milano)

"Non ci aspettavamo tutta questa partecipazione, tutto questo sostegno". È distrutta la famiglia di Ibrahim Ben Bajjar, il 13enne di Cinisello Balsamo, morto dopo essere stato inghiottito venerdì mattina dalle acque del lago di Lecco. "Non abbiamo parole per questa disgrazia". Ieri sera la città intera si è riunita nel quartiere dove viveva Ibra, come lo chiamavano gli amici. Un quartiere di periferia, dominato dall’alto dagli infiniti palazzi popolari dell’Aler. Genitori, compagni di scuola, docenti, vecchie maestre, vicini di casa hanno voluto sostenere questa famiglia, straziata dal dolore.

"Ringraziamo tutti per essere venuti. Per questa accoglienza e per questa partecipazione". Una manifestazione spontanea, partita dal basso, che li ha accompagnati fino nel cortile di casa, fra preghiere e musiche musulmane. "Questa è la dimostrazione di quante persone volessero bene a Ibrahim. Era un ragazzino come tanti altri. Gli piaceva giocare, gli volevano tutti bene qui". A parlare è il fratello Karim. Cappellino bianco da baseball, bomber verde militare, è lui che sorregge la madre per tutto il tempo. "Siamo tre fratelli. Io il più grande e Ibrahim il più piccolo. Era il piccolo di casa e a me piaceva viziarlo. Stavamo anche nella stessa cameretta". Aveva sempre la palla attaccata ai piedi Ibra. "Gli piaceva tantissimo il calcio. Che squadra tifava? No, il campionato non gli interessava. A lui interessava solo giocare. Stava sempre qui, in cortile, con gli amici e i vicini a giocare a pallone. Era una passione profonda. Io lo ricordo così, sempre col pallone".

Quando è accaduta la tragedia, il fratello della vittima si trovava fuori Milano per una trasferta di lavoro. "Mi ha chiamato mia madre e mi ha detto cosa era successo – racconta ancora scosso –. Mi ha riferito che l’avevano chiamata i carabinieri per dirle che Ibrahim era rimasto sott’acqua, al lago, per tanto tempo. Lui non sapeva nuotare, non ha mai imparato". La famiglia è poi andata di corsa in ospedale a Lecco, dove la situazione è emersa in tutta la sua tragicità. "Era intubato, ma di fatto era già morto, anche se i macchinari sono stati staccati il giorno dopo". Un dramma che ha travolto i genitori e i fratelli maggiori. "Non sapevamo che fosse andato a Lecco con altri tre amici. Pensavamo che fosse a scuola, come ogni giorno. Non sapevamo dello sciopero e che le lezioni fossero state sospese per quella giornata. Quello che poi è successo al lago lo sapremo anche noi dalle indagini". Sul caso è stata aperta un’inchiesta, che dovrà ricostruire come e perché il 13enne fosse andato in autonomia, da Cinisello a Lecco, con gli altri ragazzini. Per ora non risultano indagati e si attende anche che sia fissata l’autopsia sul corpo dell’adolescente. Se i medici legali dovranno stabilire con chiarezza le cause tecniche della morte del giovanissimo, l’inchiesta dovrà invece capire a chi spettava controllarlo e cosa abbia consentito a un tredicenne di muoversi liberamente in una giornata di sciopero dei servizi pubblici.

Ibrahim è stato recuperato a 10 metri di profondità solo un’ora e mezza dopo essere entrato in un’acqua fredda e mossa, che lo ha risucchiato quasi subito senza dargli scampo. Prima della tragedia, pare che i quattro amici fossero andati un po’ in giro per la città. Poi l’idea di andare verso il lungolago. E quel tuffo, forse per imitare un compagno, anche senza saper nuotare.

"Il mio Ibrahim non c’è più. Non mi sembra vero. Non potrò più vederlo, abbracciarlo", ha continuato, disperata, a ripetere la madre nel cortile di casa, mentre stringeva tra le mani le fotografie del figlio.