Morte Gianfranco D'Angelo, Beruschi: "Il teatro perde grande attore e io perdo un amico"

Il ricordo del comico milanese: "Fuori dal palco era serissimo, la gente per strada non lo riconosceva"

Enrico Beruschi e Gianfranco D'Angelo

Enrico Beruschi e Gianfranco D'Angelo

"Con Gianfranco D'Angelo il mondo del cabaret e del teatro perde un grande attore e io perdo un amico vero". Sono le prime parole di Enrico Beruschi, comico, attore e cabarettista milanese che con D'Angelo ha condiviso il successo del Drive In e di tanti programmi televisivi, ma soprattutto un'amicizia che andava oltre il palco. "Ci sentivamo spesso, quando lui si trovava a Milano per lavoro mi chiamava e quando potevo lo raggiungevo - prosegue Beruschi con la voce spezzata dalla commozione -. Non sapevo che stesse male. Ho appreso della sua scomparsa stamattina per caso, mentre ero a messa perché da ieri sono in montagna e qui il telefono non prende. Sono rimasto basito, non ho realizzato subito ma durante l'omelia mi sono reso conto che avevo le lacrime agli occhi nonostante il sacerdote parlasse di speranza".

Lei ha condiviso con D'Angelo il grande successo del Drive In, com'era lontano dai riflettori?

"Si trasformava. Era serissimo. Poi però appena si accendeva la luce rossa delle telecamere saltava fuori il Gianfranco che conosce il grande pubblico. Gli anni del Drive In sono stati indimenticabili, ancora oggi la gente li ricorda e ne parla. Io ero uno di quelli presi in esclusiva da Berlusconi, un giorno incontro  Antonio Ricci e  il regista Giancarlo Nicotra e lui mi dice tu sei un po' troppo milanese, ci serve uno del sud per pareggiare e mi propone D'Angelo. Io lo conoscevo e sono stato felice di poter tornare a lavorare con lui dopo La Sberla, andata in onda nel 1978".

C'è qualche aneddoto di quegli anni, un ricordo che la lega particolarmente a D'Angelo?

"Una volta, erano gli anni '80, dopo uno spettacolo a Taormina abbiamo deciso di tornare in albergo a piedi. Arrivati all'ingresso lui ha tirato dritto senza che nessuno lo riconoscesse ed è salito in camera, mentre io sono stato assalito dai fan che ci aspettavano e hanno iniziato a tirarmi da tutte le parti per avere un autografo o farsi scattare una foto con me. In quegli anni non c'erano i telefonini e i personaggi dello spettacolo erano letteralmente presi d'assalto. Alla fine sono riuscito a raggiungere la mia camera dopo mezz'ora e con la camicia tutta sgualcita, mentre Gianfranco era passato inosservato tra i suoi stessi fan che non lo avevano ricosciuto proprio per quell'espressione seria che aveva fuori dal palco".

Con D'Angelo viene a mancare una delle colonne dello storico Drive In

"E' così. Non abbiamo fatto tante cose assieme, ma quegli anni del Drive In sono stati i più grandi, a distanza di 35 anni ancora tutti ne parlano e io ne sono orgoglioso. Abbiamo tentato di fare una re-union Drive In. L'idea era buona e anche Antonio Ricci l'aveva avallata, io dovevo fare lo zio Enrico. Ma poi ci siamo resi conto che non c'erano i numeri e il progetto non è andato in porto. Io credo che quel successo non sia replicabile, tanto più ora che manca uno dei suoi protagonisti".

Quando ha sentito D'Angelo l'ultima volta?

"Qualche mese fa, a febbraio.  Mi disse che riprendeva le serate assieme a un pianista milanese, che aveva dei progetti. Il teatro era la sua vita e ora il teatro sarà più povero senza di lui. Era bravissimo, Gianfranco era un grande attore. Non voglio commuovermi, ma parlando di lui mi rendo conto che mi vengono le lacrime e faccio fatica. Per me se n'è andato un amico e collega con cui ho condiviso una parte importante della carriera. Mi mancherà. Credo che mancherà a tutti noi".