Paesi fantasma in Lombardia, la rinascita: dieci borghi da riscoprire

Il censimento degli esperti dell’Ispra e il piano per il rilancio turistico. La ricercatrice Stefania Nisio: "Un patrimonio naturale e architettonico immenso"

Stefania Nisio, geologa e ricercatrice del dipartimento geologico dell’Ispra

Stefania Nisio, geologa e ricercatrice del dipartimento geologico dell’Ispra

Milano - Piccoli centri quasi o del tutto disabitati, borghi dimenticati di cui resta traccia nei toponimi o in qualche rudere poco accessibile. Luoghi che conservano il fascino di un passato lontano, di vite che si sono dovute piegare alla storia e alla natura. Sono le Ghost cities, paesi fantasma che fino ad ora hanno destato attenzione soprattutto di ricercatori e di qualche visitatore in cerca di mete alternative. Ora, su questi posti, anche Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha acceso i riflettori perché possono diventare una bussola nell’ambito degli studi del rischio idrogeologico.

"Molti di questi luoghi – spiega Stefania Nisio, geologa, ricercatrice del Dipartimento servizio geologico d’Italia di Ispra – costituiscono un’enorme ricchezza per il patrimonio culturale, per la loro storia appunto, per le strutture urbanistiche di pregio, ma anche perché talvolta essi rappresentano degli indicatori ambientali della vulnerabilità, geologico-idraulica, del territorio italiano. Le Ghost cities, tuttavia, sono in realtà poco conosciute e per nulla pubblicizzate; le informazioni riguardo alle cause dell’abbandono talvolta sono lacunose". In Lombardia, il primo monitoraggio fatto da Ispra, nell’ambito del programma nazionale sui paesi fantasma, ha contato 10 Ghost city. La maggior parte sembra essere stata abbandonata per ragioni socio-economiche: situati in luoghi isolati, alla fine sono state abbandonate per mete più attrattive.

Restano poche tracce, così, di Assiano, borgo cascinale probabilmente di origine romana nel comune di Cusago nel Milanese, rimasto senza abitanti dal 2001, così come di Caste Liteggio, nella Bergamasca, nato nel XV secolo e abbandonato all’inizio del XX per ragioni non definite. Abbandonato negli anni ‘70 anche Borgo del Canto, a Pontida (Bergamo), oggi accessibile solo a piedi. Stesso copione a Pagliari, nel comune di Carona (provincia di Bergamo) dove l’ultimo residente è deceduto nel 2009), a Mulini di Piero borgo medievale di Curiglia con Monteviasco (Varese), a Monteviasco (Varese), a Savogno e Dasile, borghi ‘gemelli’ in provincia di Sondrio, oggi ancora frequentati dagli escursionisti.

Nei casi di Consonno (Olginate, nel Lecchese) e Rovaiolo (a Brallo di Pregola, nel Pavese) l’abbandono ha fatto seguito a frane. "Il nostro obiettivo – prosegue Nisio – consiste proprio nel mettere in relazione i rischi naturali con i borghi abbandonati, perché si è visto che spesso quelle che vengono annoverate come cause non ritrovano riscontro in realtà. A volte si parla di epidemie, guerre, disagio sociale, ma analizzando le carte emerge che il rischio naturale è stata una concausa importante. Questo approfondimento ci è utile non solo per capire il passato e rivalutare questi luoghi, ma anche per studiare il nostro presente, prevenendo lo spopolamento di alcuni borghi".