Fase 2 in Lombardia: sì alle nuove riaperture, ma con tre incognite

Dal Governo nessuna risposta alla Regione sugli orari differenziati. E le linee Inail e il report sanitario arriveranno solo giovedì: "Tardi"

Il premier Giuseppe Conte e il governatore lombardo Attilio Fontana

Il premier Giuseppe Conte e il governatore lombardo Attilio Fontana

Milano, 12 maggio 2020 - Sono tre i motivi di perplessità che il vertice di ieri sera con il Governo ha lasciato in dote al presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, e al suo staff. Il riferimento è alla riunione della Cabina di regia tra Stato e Regioni dalla quale è uscita l’indicazione delle attività che potranno riaprire dal 18 maggio, giorno di inizio della secondo tempo della Fase 2. In sintesi da lunedì potranno riaprire commercio al dettaglio, bar, ristoranti, parrucchieri ed estetisti. E il Governo ha accolto la richiesta di maggiore autonomia da parte dei governatori, saranno quindi possibili aperture differenziate in base ai territori e all’andamento del contagio nei diversi territori. Palazzo Chigi si riserva di intervenire se dall’andamento dei dati dovesse emergere la necessità di bloccare una nuova diffusione del Coronavirus. «Inizia la fase della responsabilità per le Regionì», ha dichiarato Francesco Boccia, ministro agli Affari Regionali.

Tutto pacifico, quindi? Non proprio, non ancora. Per lo meno non in Lombardia. Il primo motivo di perplessità per Fontana riguarda una risposta che il governatore si attendeva di ricevere dal premier e dal suo esecutivo e che, invece, non è arrivata, come ha fatto presente lo stesso Fontana durante la riunione di ieri: la possibilità di spalmare su orari diversi la riapertura delle varie attività lavorative, dalle imprese ai negozi passando per gli uffici pubblici e privati, sempre a partire dal 18 maggio. Nella lettera inviata nei giorni scorsi a Palazzo Chigi, Fontana aveva proposto di differire l’ingresso al lavoro lungo le 4 ore comprese tra le 8 e le 12, di consentire la riapertura dei negozi solo dalle 11 e di disincentivare nelle ore di punta tutti gli spostamenti non motivati dalla necessità di raggiungere il posto di lavoro. Richieste dovute ad una necessità semplice e condivisa da tutti: evitare assembramenti sui mezzi pubblici e nei luoghi pubblici. 

La mancata risposta del Governo su questo punto pone un problema pratico, quello della concertazione con i sindacati e le associazioni di categoria. È evidente che la diversa organizzazione degli orari del lavoro debba passare da un accordo con i rappresentanti dei lavoratori e delle categorie e tale accordo – secondo Palazzo Lombardia – deve essere raggiunto a livello nazionale perché possa essere pervasivo, efficace e concluso in tempi rapidi. 

Gli altri due motivi di perplessità hanno a che fare coi tempi promessi dall’esecutivo per far pervenire alle Regioni le linee guida dell’Inail e i dati sanitari di sintesi sull’ultima settimana. Tempi troppo lunghi se l’orizzonte della nuova fase è quella del 18 maggio. Secondo quanto riferito ieri ai governatori, l’uno e l’altro documento saranno recapitati soltanto tra giovedì e venerdì ma – sottolineano dalla Regione – si tratta in ambo i casi di documenti fondamentali per impostare le ulteriori riaperture e l’ulteriore allentamento delle restrizioni anti-contagio che dovranno entrare in vigore già da lunedì, vale a dire: soltanto due o tre giorni più tardi. Nel dettaglio, le linee guida dell’Inail dovranno indicare quali regole e quali comportamenti bisognerà osservare nei vari luoghi di lavoro per prevenire e contrastare nuovi contagi da Coronavirus. Si tratta, in sintesi, della definizione delle regole d’ingaggio da osservare per tornare alla normalità o alla nuova normalità. 

Il report di sintesi e scenari sui dati sanitari è invece fondamentale per proseguire sulla via tracciata dall’ultimo decreto della presidenza del Consiglio dei ministri: quella di condizionare il ritorno alla normalità al monitoraggio dell’evoluzione dei contagi prevedendo anche di innescare la retromarcia e decidere nuove chiusure se la congiuntura sanitaria dovesse nel frattempo rendere necessario un qualche ravvedimento. E a proposito di sanità, ieri lo stesso Fontana e Giulio Gallera, assessore regionale al Welfare, hanno annunciato il via libera alla creazione di una banca del plasma iperimmune da usare per curare i positivi al Coronavirus.

«I risultati dello studio pilota condotto dall’Irccs San Matteo di Pavia, applicato anche dall’ospedale Carlo Poma di Mantova – ha spiegato Fontana – accendono una grande speranza per contrastare il Coronavirus. Oggi (ieri ndr) – ha continuato – è un giorno importante per la Lombardia che, prima in Italia, ha completato una sperimentazione sull’utilizzo del plasma iperimmune condivisa con altre regioni italiane e all’estero, con gli Stati Uniti, che lo stanno già utilizzando nelle loro strutture sanitarie». «Lanciamo la banca del plasma iperummune – ha fatto sapere Gallera –. Faremo un protocollo per la donazione partendo dai tanti guariti che abbiamo».

mail giambattista.anastasio@ilgiorno.net