
In Italia i malati con patologie neurodegenerative (come Alzheimer o demenza senile) sono più di un milione
Milano – Un nuovo capitolo si apre per migliaia di famiglie italiane che assistono parenti affetti da Alzheimer o da demenza senile. La Corte d’Appello di Milano ha confermato un principio ormai consolidato: i pazienti ricoverati con patologie neurodegenerative non sono tenuti al pagamento delle rette nelle Residente sanitarie assistenziali (Rsa). È il Servizio sanitario nazionale – e quindi le Aziende sanitarie locali – ha doversi farsi carico dei costi.
La decisione della Corte (sentenza numero 1644/2025), confermata dal Codacons, rappresenta un ribaltamento rispetto al primo grado, dove il Tribunale di Milano aveva stabilito l’obbligo di pagamento. Il caso specifico riguardava la richiesta di oltre 26.000 euro da parte della Fondazione Benefattori Cremaschi nei confronti di una famiglia per il ricovero di un’anziana madre affetta da demenza senile e altre gravi patologie.
Come funziona la questione dei pagamenti
Il meccanismo è chiaro secondo la giurisprudenza: quando in una struttura sono necessarie prestazioni sanitarie collegate alla patologia, è l’azienda sanitaria che deve farsi carico della retta della Rsa. La Corte ha stabilito che le prestazioni erogate devono essere classificate come “prestazioni socio sanitarie a elevata integrazione sanitaria”, quindi completamente gratuite e a carico del Servizio sanitario regionale.
“Se anche si sottoscrive un contratto di ingresso in struttura che prevede il pagamento di somme, ogni clausola del contratto che prevede il versamento di somme deve essere dichiarata nulla per contrarietà con norme imperative”, spiega il Codacons Lombardia, sottolineando come la sentenza abbia valore retroattivo.
I rimborsi per il passato
Le implicazioni economiche sono significative. Chi ha già versato somme per la degenza ha diritto al rimborso totale. La Corte d’Appello ha condannato la Fondazione Benefattori Cremaschi al rimborso della metà delle spese processuali per entrambi i gradi di giudizio, segnando un precedente importante.
L’avvocato Giovanni Franchi, che ha seguito il caso, evidenzia come “quando un paziente necessita di cure sanitarie connesse alla sua patologia, non deve essere chiamato a pagare le rette di ricovero in Rsa, né lui né i suoi familiari”.
L’impatto economico e politico
La questione ha dimensioni enormi: in Italia i malati con patologie neurodegenerative (come Alzheimer o demenza senile) sono più di un milione. Un mese di retta costa mediamente 2.000 euro a famiglia, ma se il Sistema Sanitario Nazionale dovesse farsi carico di tutti i costi, la spesa totale supererebbe i 10 miliardi annui.
A marzo, la maggioranza di centrodestra in Senato aveva presentato un emendamento “salva-Rsa” per rimettere parzialmente a carico dei cittadini il costo delle rette. Il provvedimento, dopo essere stato approvato in Commissione Sanità, è stato però bocciato dalla Commissione Bilancio, lasciando irrisolto il nodo del finanziamento.
Le conseguenze pratiche
Dopo le prime sentenze della Cassazione, centinaia di famiglie si sono rivolte ai tribunali di tutta Italia per vedere riconosciuti i loro diritti, provocando la reazione delle strutture che in alcuni casi hanno reso più difficile l’accesso ai pazienti. “L’esigenza di una norma che regoli in modo equo la materia resta”, sottolinea l’avvocato Franchi, “anche perché non è giusto che le famiglie per vedere riconosciuto quello che è ormai un loro diritto devono fare causa, sostenendone i rischi ed i costi”.
La sentenza della Corte d’Appello di Milano consolida dunque un orientamento giurisprudenziale che pone fine a una delle più pesanti spese che le famiglie italiane si trovavano ad affrontare nella gestione delle malattie neurodegenerative dei propri cari, ma i nodi economici dell’applicazione di questa sentenza restano ancora insoluti.