Coronavirus in Lombardia, i conti della Fase 2: un mese e tredicimila nuovi malati

+2.307 morti, ma crollano i casi gravi, -443 degenti in Rianimazione

Emergenza Coronavirus

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Milano, 31 maggio 2020 - Non bastano i decreti per convincere il virus a svanire nel nulla, ma il tempo fin qui ha aiutato. A distanza di quasi un mese dalla fine del lockdown per la Lombardia ci sono due notizie, una buona e una cattiva.

La buona è che lentamente, senza scossoni ma anche senza arresti, l’epidemia sta scemando. Meno casi, soprattutto molti meno ricoveri in Rianimazione. La cattiva è che si continua a morire. Dal 30 aprile al 30 maggio sono scomparsi altri 2.307 lombardi, da oltre 13mila a 16mila, +14 per cento. Un mese fa, in 24 ore si erano registrati 93 decessi. Ieri, altri 67. Ma la distanza in prospettiva fra queste due cifre è più alta di quel che sembra: un mese fa 93 vite perse erano quasi un’anomalia al ribasso in una media molto più alta. Oggi 67 sono un picco elevato, dopo giorni intorno ai 20 decessi. I lutti restano, ma la tendenza non inverte la curva in discesa, autorizzando quindi a un minimo di ottimismo sull’efficacia delle regole adottate per riaprire negozi, bar, ristoranti e soprattutto fabbriche e posti di lavoro.

Il raffronto fra i dati del 30 aprile e del 30 maggio forniti dalla Regione è utile anche per capire come l’epidemia stia evolvendo nei diversi territori lombardi, colpiti in tempi e in modi diversi dal coronavirus. I casi totali di contagio erano 75mila, oggi sono 88mila. Tredicimila di più, pari al +14,7 percento. Stessa crescita dei decessi. Ma ci sono zone della Lombardia, meno funestate all’inizio, che stanno progressivamente recuperando. Varese, che passa da 2.667 malati a 3.594 segna il record di crescita: +927 e +25,8%. Ben al di sopra della media. Il record positivo, invece, lo segna la bassa, Cremona e Mantova. La prima, territorio in contiguità con il Lodigiano, aveva 6.037 malati di Covid al 30 di aprile. Un mese dopo sono 6.448. Un aumento di 411 pari al +6,4%. Meglio fa Mantova che risente forse del benefico influsso della vicinanza dell’Emilia e del Veneto, in condizioni di maggiore sicurezza. Qui si passa da 3.175 casi a 3.345: +170, ovvero +5,1%.

Eccezioni positive in un mare di province che registrano aumenti dei casi, magari di poco, ma più della media regionale. Si comporta così la mancata zona rossa di Bergamo. Nell’ultimo mese i positivi al Covid sono saliti di 2.010 unità, da 11.313 a 13.323: +15%, appena lo 0,3% oltre la media. Milano, che, con l’intera città metropolitana, passa da 19mila malati a oltre 23mila, segna una crescita del 16%. Lodi, a propria volta origine del primo focolaio noto, scovato a Codogno il 20 febbraio, aumenta di 502 casi accertati da tampone. Erano 2.966 il 30 marzo, sono arrivati ieri a 3.468: l’incremento è del 15,4%. Meno di un punto oltre la media.

Ci sono, come detto, anche ottime notizie sul fronte sanitario. E vengono, come accade da tempo, dalle Terapie intensive. Un mese fa, intubate e sotto sorveglianza speciale, c’erano 605 persone e in un giorno si era scesi di 29. Ora il calo è meno vistoso: appena un paziente in meno, ma la quota è solo di 172 letti occupati dai casi più gravi. Numeri meno chiari, invece, quelli dei guariti. Che trenta giorni fa secondo la Regione - stando ai dati pubblicati ufficialmente - erano 51.166, per una crescita di 819. Oggi, più prudentemente, il bollettino ne segna 50.870. Con un aumento di 1.028. Evidentemente c’è un errore nella compilazione dei rapporti o un cambiamento nel metodo di calcolo. Lo stesso al centro delle critiche in questi giorni.