Coronavirus, ore 17: tutti in strada nella zona protetta

Gli spostamenti in Lombardia monitorati con le celle degli smartphone: picchi anomali anche tra le 12 e le 13 durante il pranzo

Controlli in stazione Centrale

Controlli in stazione Centrale

Milano, 21 marzo 2020 - Alle cinque della sera nella Lombardia "zona protetta" è l’ora di punta: il momento in cui i lombardi si spostano di più nell’arco della giornata, in base ai primi dati raccolti dalla Regione, che lunedì ha iniziato ad analizzare gli spostamenti di cella degli smartphone con l’aiuto delle compagnie telefoniche, e da ieri ha avviato un approfondimento sulle fasce orarie. I primi risultati, su un campione pari al 40% dei telefonini lombardi, mostrano che alle 17 di mercoledì almeno 176 mila persone si spostavano di almeno 300 metri (il raggio minimo di una cella); alle 18 erano 174 mila, per scendere via via fino a 70mila alle 22. A mezzanotte c’erano in giro 38.700 lombardi, il minimo si toccava alle 4 del mattino con 14 mila per risalire fino a 128 mila alle 7, 150 mila alle 8, 149 mila alle 9 e poi scendere leggermente fino al secondo picco di giornata: 161 mila persone in movimento alle 12 e 162 mila alla una.

Questi dati non hanno niente a che vedere con l’acclamato “modello Corea del Sud”, dove si tracciano i telefonini dei positivi al coronavirus: sono aggregati e anonimizzati alla fonte, perché la Regione non solo non può (in base alla normativa sulla privacy) ma nemmeno è interessata a monitorare le singole Sim. Lo scopo dell’analisi è mettere nelle mani degli epidemiologi un flusso d’informazioni da incrociare con quelle relative alla curva dei contagi, per misurare l’effetto delle restrizioni applicate alla popolazione sull’evoluzione dell’epidemia.

Le analisi, basate su un campione all’inizio del 40% e poi via via affinate sino ad arrivare all’85% dei telefonini dei lombardi, mostrano che, fatti cento gli spostamenti del 20 febbraio (l’ultimo giorno “normale“ prima della scoperta, alle 21 quella sera, del primo contagio autoctono di SARS-CoV-2), se ne registravano il 69/70 per cento il 7 marzo, dopo due settimane di zona rossa nel Basso Lodigiano. Nella notte il premier Giuseppe Conte avrebbe firmato il decreto che trasformava l’intera Lombardia in "zona arancione", e l’indomani, domenica 8 marzo, gli spostamenti erano scesi al 51/52 per cento. Ma lunedì 9 marzo i telefonini sono tornati a muoversi al 64/66% rispetto a prima dell’emergenza; e tra l’11 e il 12 marzo (mentre il Governo trasformava l’Italia intera in "zona protetta") sono passati dal 55/57 per cento al 49% di quelli del 20 febbraio. Solo nel successivo weekend gli spostamenti sono scesi al 33/34 per cento sabato e al 28% domenica, per risalire al 43% lunedì e al 42/43 per cento martedì.

"Anche oggi (ieri, ndr ) siamo su una media del 42-43% rispetto a un giorno normale – ha detto ieri il vicepresidente della Regione e assessore a Ricerca e innovazione Fabrizio Sala –. Evidentemente non è solo il jogging il problema". Ma soprattutto il dato "ci sembra molto alto. Abbiamo dei picchi importanti dalle 18 alle 19 e dalle 12 alle 13, in questi orari la gente si sposta di più. Molto sicuramente è dovuto alle attività produttive, noi facciamo l’appello a chi sta uscendo senza una reale necessità", ha chiarito Sala, spiegando che in Regione "incrociamo tutti i dati per capire se questi provvedimenti possono avere un effetto significativo", mentre su misure più restrittive "spetta al Governo decidere, la Lombardia non può obbligare alla chiusura le attività. Noi abbiamo fornito a Roma i dati e il presidente Attilio Fontana ha parlato con il premier Conte". Il vicepresidente e assessore a Ricerca e innovazione ricorda come sia "importantissimo rallentare il contagio da coronavirus", prima di tutto "perché la vita umana non ha prezzo", e "anche a livello economico: le nostre micro, piccole e medie imprese stanno subendo un forte impatto negativo che se dovesse proseguire ne minaccerebbe la sopravvivenza".