FEDERICA PACELLA
Cronaca

La lotteria dei centri estivi: prezzi alti e pochi posti. Stangata per chi ha più figli

In Lombardia tariffa media di oltre 1.100 euro per bambino, ecco la mappa dei costi (anche gonfiati dall’inflazione) La denuncia dell’associazione famiglie numerose: “Assegno unico considerato nell’Isee, una trappola”

I centri estivi sono un'opportunità formativa per i piccoli ma soprattutto una necessità per le famiglie

I centri estivi sono un'opportunità formativa per i piccoli ma soprattutto una necessità per le famiglie

Brescia – Con l’avvicinarsi della chiusura delle scuole, per le famiglie inizia il risiko dei centri estivi. I tempi del riposo sfalsati, con i minori a casa per 12 settimane e i genitori che possono permettersi al massimo tre settimane di ferie, la soluzione centro estivo è per molti una scelta obbligata. E, volendo ben vedere, anche un’opportunità educativa.

Pesano, però, due incognite: costi e posti. Le stime più recenti (2024) di Adoc ed Eures parlano di un costo medio di 1.124 euro per 8 settimane di centro estivo per un figlio, 2.200 per due figli. A breve sarà pubblicato l’aggiornamento 2025: di certo c’è che l’inflazione renderà la spesa estiva più onerosa per tutti. Tra le soluzioni più economiche, e dunque abbordabili, ci sono i centri estivi comunali, ma non si rileva alcuna omogeneità di offerta: c’è chi ne organizza di propri, chi si affida al terzo settore.

Guardando i soli capoluoghi, per una famiglia con un figlio e reddito Isee a 20mila euro, il costo è di 66,5 euro a settimana a Brescia, 61,6 euro a Lecco, 102,6 a Milano (per 10 giorni), 66,5 euro a Sondrio. Bergamo ha un costo fisso settimanale di 130 euro, Como di 92 euro, Lodi 77,5 euro. Per i non residenti le tariffe sono maggiori: 135 a Brescia, 130 a Como, 117,5 a Lodi.

Una volta archiviata la pratica dei costi, bisogna trovare anche posto: più facile a Brescia, dove sono quasi tremila quelli disponibili nei centri comunali per l’età della scuola dell’infanzia e della primaria; a Bergamo, si scende a 70 per la primaria. Presentare l’Isee dovrebbe comportare una riduzione dei costi, ma per chi ha più figli c’è la beffa dell’assegno unico. “Viene considerato nel reddito, per cui influisce sul calcolo dell’Isee. Chi ha più figli, e percepisce quindi un assegno unico maggiore, rientra in fasce Isee più alte e ha meno agevolazioni”.

A raccontarlo è Rita Picchianti (mamma di quattro bambini, tutti sotto i 14 anni) che, col marito Donato Sacino si occupa dell’Unità nazionale per i Rapporti con gli Enti Locali nell’ambito dell’Associazione nazionale famiglie numerose. La soluzione? Un sostegno economico sarebbe utile, anche per evitare l’aumento delle discriminazioni nel campo della formazione. “I campi estivi rappresentano spesso un impegno economico importante, che non tutte le famiglie possono permettersi. Questo genera una nuova forma di disuguaglianza educativa, in cui chi ha più risorse può offrire ai propri figli esperienze stimolanti, mentre altri restano esclusi e si accontentano del “modello posteggio“. È necessario pensare a modelli più equi, sostenuti dal pubblico, dal terzo settore e dalle reti territoriali”.

E se venissero rimodulate le date di chiusura della scuola? Qualche settimana in meno d’estate, qualcuna in più durante l’anno? “Il cambiamento del tempo a scuola dovrebbe dipendere dalle esigenze di apprendimento e riposo dei bambini, non dai bisogni di una società che è organizzata in modo sempre meno fisiologico nei confronti dei piccoli. Un’eventuale variazione del tempo scolastico dovrebbe riguardare più i pedagogisti che gli economisti”.

Le nostre scuole, del resto, d’estate diventano invivibili per il caldo: servirebbero quindi investimenti ingenti e di lungo periodo. “Forse non è solo questione di ‘dove mettere i bambini’, ma anche di restituire tempo alle famiglie, offrendo modelli di lavoro che consentano ai genitori di vivere con i figli una parte dell’estate”, riflette e conclude Rita Picchianti: “Non dovrebbe essere un privilegio, ma un diritto sociale. Perché si può delegare l’istruzione, ma occorre recuperare il ruolo educativo della famiglia, dove troppo spesso ci si illude che la qualità possa fare a meno della quantità”.