Bronchiolite: cos’è, come si riconosce. Guida pratica per i genitori per capire quando andare in ospedale

L’infezione virale acuta che colpisce prevalentemente i neonati, a causa delle dimensioni ridotte dei loro bronchioli. Causa difficoltà respiratoria: ecco quando preoccuparsi

Neonati in un nido d'ospedale

Neonati in un nido d'ospedale

La morte della neonata di due mesi all’ospedale di Desenzano del Garda ha riacceso, se mai si fossero spenti, i riflettori su questa problematica che riguarda esclusivamente i bambini di pochi mesi, che se non riconosciuta e trattata in tempo, può avere gravi conseguenze. Ma di cosa si tratta? Come si riconosce? E cosa possono fare i genitori? Vediamolo insieme. 

Bronchiolite: cos’è

Anche se si somigliano, la bronchiolite è diversa dalla bronchite asmatica. Si legge sul sito dell’ospedale Bambin Gesù: la bronchiolite è un'infezione virale acuta che colpisce il sistema respiratorio dei bambini di età inferiore a un anno soprattutto nei primi 6 mesi di vita con maggiore frequenza tra novembre e marzo. 

Il microrganismo infettivo più coinvolto, nel 75% circa dei casi, è il virus respiratorio sinciziale (VRS) ma anche altri virus possono esserne la causa, metapneumovirus, coronavirus, rinovirus, adenovirus, virus influenzali e parainfluenzali. La fase di contagio dura tipicamente da 6 a 10 giorni.

L'infezione interessa bronchi e bronchioli, che vengono interessati da un meccanismo ostruttivo. Si innesca un processo infiammatorio, aumento della produzione di muco e ostruzione delle vie aeree con possibile comparsa di difficoltà respiratoria. Fattori che aumentano il rischio di maggiore gravità sono la prematurità, l'età del bambino (inferiore a 12 settimane), le cardiopatie congenite, la displasia broncopolmonare, la fibrosi cistica, le anomalie congenite delle vie aeree e le immunodeficienze.

Quali sono i sintomi

Compare inizialmente una febbricola con rinite. Poi possono comparire tosse insistente, che si aggrava gradualmente, e difficoltà respiratoria - più o meno marcata - caratterizzata da un aumento della frequenza respiratoria e da rientramenti al giugulo/intercostali. Il più delle volte si risolve spontaneamente e senza conseguenze.

Tuttavia, in alcuni casi, può essere necessario il ricovero, specialmente al di sotto dei sei mesi di vita. In bambini così piccoli è spesso presente un calo dei livelli di ossigeno nel sangue e può osservarsi una disidratazione causata dalla difficoltà di alimentazione e dell'aumentata perdita idrica determinata dal lavoro respiratorio.

Inoltre, nei pazienti nati prematuri o di età inferiore alle 6 settimane di vita, è aumentato il rischio di apnea, episodio di pausa respiratoria prolungata, e vanno pertanto controllati i parametri cardio-respiratori.

Cosa possono fare i genitori 

Essendo un infezione virale, non servono antibiotici e poiché il meccanismo ostruttivo non è legato allo spasmo della muscolatura che riveste il bronco (come accade invece nella bronchite asmatica) non servono nemmeno broncodilatatori. Il piccolo bronchiolo si ottura soprattutto perché è piccolo: non servono né il cortisone né altri farmaci.

La bronchiolite insomma guarisce da sola ma è importantissimo saper riconoscere se il bambino sta andando in difficoltà respiratoria e, in caso, chiedere aiuto a un medico. Serviranno un po’ di ossigeno e idratazione. È questo il motivo per cui i piccoli con la bronchiolite si ricoverano.

E allora come riconoscere se un bambino non è ossigenato a sufficienza? 

  • Misurare la frequenza respiratoria. Se l’ossigeno è poco il bambino cercherà di aumentare la frequenza respiratoria per farne entrare di più. Nel bambino che ha meno di un anno (dopo è meno) il limite per decidere se preoccuparci è 60 atti respiratori a minuto. Come si misurano? Mentre il piccolo dorme si conta quante volte il pancino va su per ogni atto respiratorio in un minuto. 
  • Se l’ossigeno è poco il bambino aumenta anche lo sforzo per farlo entrare e quindi “affanna”. Occorre guardare il pancino: prima va su e giù molto più del solito; poi si vedono i rientramenti intercostali (i buchetti tra le costole per ogni respiro); poi si fa un fossetto al giugulo per ogni respiro; poi le narici del nasino si allargano ad ogni respiro. Se si arriva a osservare questi ultimi sintomi, specie gli ultimi due, bisogna correre in ospedale.
  • Se l’ossigeno è poco il sangue va al centro e trascura la periferia: per questo il bambino diventa pallido. Si può misurare questo fenomeno guardando il “refill capillare” premendo su un unghia: il sangue si allontana e l’unghia diventa bianca. Lasciando, il sangue torna al suo posto e l'unghia torna rossa: normalmente succede in meno di tre secondi, se ci mette di più c’è un problema di circolo.
  • Per risparmiare ossigeno poi il cervello che consuma più di tutti viene messo a riposo, quindi il bambino dorme, è poco reattivo, e non si sveglia per mangiare.