
Domenico Biancardi con il figlio Giuseppe
Lodi, 3 maggio 2015 - Pestato a sangue, senza pietà e senza alcun motivo. Forse per gioco. È successo qualche settimana fa a Sant’Angelo Lodigiano (Lodi), dove un anziano è stato aggredito da un gruppo di ragazzini, tutti minorenni, mentre andava a fare la spesa. Due volte. La prima su una pista ciclabile, la seconda soltanto un paio di giorni dopo, insieme al figlio e all’interno del centro commerciale. Senza paura, davanti a clienti e negozianti e in pieno giorno. Ma, grazie alle telecamere, almeno uno dei ragazzini, ripreso mentre si accaniva sui due uomini a terra, mentre gli altri guardavano e ridevano, è stato denunciato.
Domenico Biancardi, superato lo choc ha deciso di raccontare la sua storia, stanco di vivere nella paura, perché nel Lodigiano si sta allargando il fenomeno di baby gang pronte a pestare e derubare coetanei, anziani o perfetti sconosciuti. Non importa il bottino, ciò che conta è solo spaccare tutto. Le mani del 70enne ancora tremano mentre torna indietro coi ricordi a quando lui e suo figlio Giuseppe, 40 anni, sono stati presi a calci e pugni senza un perché. Sul suo volto si intravedono ancora i segni delle percosse, mentre il figlio lo sostiene preoccupato per tutti quei ricordi che riaffiorano. «La prima volta ero in bicicletta, stavo andando verso un centro commerciale a fare la spesa quando li ho incontrati. Erano in cinque – ricorda – e mi si sono parati davanti. Ho cercato di deviare sul prato, ma uno di loro ha preso la rincorsa e mi ha sferrato un pugno diretto sul costato. Così, dal nulla. È stato un attimo e ho pensato di restarci». Un infarto alle spalle, il diabete che contribuisce a indebolire un fisico già provato dagli anni: «Non riuscivo a respirare – continua – non so come ho fatto a fermarmi e tirare fuori il cellulare per chiamare il 113, ma ero talmente dolorante e sotto choc che le dita non riuscivano a trovare i tasti». Poi l’arrivo, provvidenziale, di un amico e la fuga dei teppisti. Fino a un paio di giorni dopo: «Sono tornato al supermercato, questa volta con mio figlio – racconta –. Ci hanno intercettato all’uscita, lo stesso ragazzo, pieno di piercing, si è scagliato su di noi. Siamo finiti a terra ma lui è andato avanti con calci e gomitate. Credevo di morire – continua, col fiato corto per l’agitazione e gli occhi lucidi – ma per fortuna sono intervenuti due uomini. Sono finito in ospedale per 9 giorni, ho visto l’inferno. E l’unica cosa che continuavo a chiedermi era soltanto “perché”. Perché noi e perché tanta violenza. Non credo che troverò mai una risposta».