Rapito in Niger, padre Maccalli è vivo

Prime notizie sul missionario originario di Madignano, nelle mani dei rapitori dal 17 settembre

Padre Pierluigi Maccalli

Padre Pierluigi Maccalli

Madignano (Cremona), 4 dicembre 2018 - Padre Gigi è vivo. Sarebbe questa la notizia arrivata ieri dal Niger alla Sma (Società delle missioni africane) alla quale appartiene il missionario e sarebbe la prima notizia dopo il suo rapimento, avvenuto il 17 settembre nel villaggio di Bomoanga. Ma la prudenza frena l’entusiasmo. «Abbiamo ricevuto questa notizia da una fonte non verificabile – spiegano da Genova, dove la società ha una sede –. Ci piacerebbe poter dire che siamo certi che corrisponda al vero, ma purtroppo non possiamo farlo». Eppure è già una speranza: qualcosa si muove nella vicenda di padre Pierluigi Maccalli, 57 anni, di Madignano, nel Cremasco, sequestrato rapito nella sua missione da otto ribelli, appartenenti a una tribù di pastori fulani lo scorso 17 settembre. Da allora non era arrivata nessuna notizia, mentre oggi un timido ottimismo si fa strada. «La situazione a Bomoanga sta diventando pericolosa – continuano dalla Sma – perché le bande di ribelli e banditi si stano moltiplicando e la gente non può vivere tranquilla. Può darsi che tutto questo porti i banditi a considerare l’opportunità di liberare il padre».

Voci che arrivano dal profondo dell’Africa e che non possono dare certezze, ma solo speranze. Padre Gigi è missionario da più di trent’anni e conosce bene i luoghi. Quando è stato rapito era appena rientrato da Madignano, dove era rimasto un paio di mesi con il fratello Walter, anche lui missionario in Africa per la Sma e partito per la Liberia a metà ottobre senza avere notizie certe e confortanti del congiunto. I rapitori con ogni probabilità sapevano del ritorno del padre di Madignano e che il missionario avrebbe avuto con sé una buona disponibilità di denaro. Per questo motivo sono entrati in azione pochi giorni dopo il suo arrivo, hanno prelevato dalla missione solo lui e si sono portati via computer e cellulare. Sarebbero stati riconosciuti da una religiosa locale che conosce i vari dialetti e che ha definito i banditi pastori fulani. Per padre Maccalli in Italia si sono mossi in tanti, fino a portare il caso in Parlamento. All’estero, nelle varie missioni della Sma, come nel paese natale nella Bassa, marce e preghiere per chiedere la liberazione del sacerdote.