PAOLA PIOPPI
Cronaca

Accusato di estorsione e poi assolto. Ora avrà un risarcimento per ingiusta detenzione

Como, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato da Raffaele Rispoli. Era finito in carcere dopo l’indagine della Dda sulla gestione illegale di rifiuti alla Guzza

L'indagine era uno stralcio di un'inchiesta più ampia relativa al traffico illecito di rifiuti

L'indagine era uno stralcio di un'inchiesta più ampia relativa al traffico illecito di rifiuti

Como – A giugno 2021, Raffaele Rispoli, 58 anni, era stato assolto, assieme ad altri tre imputati, dall’accusa di estorsione, nel processo stralcio scaturito dall’indagine della Dda di Milano sulla gestione illegale di rifiuti all’interno dell’impianto della Guzza di Como, gestito dalla Smr Ecologia. Contestualmente il Tribunale di Como aveva disposto l’immediata revoca della misura cautelare. Erano accusati di estorsione ai danni dell’imprenditore varesino Matteo Molinari, ipotizzando l’imposizione di due assunzioni di personale pagate più degli altri dipendenti: ipotesi che il Tribunale, al termine del processo, aveva ritenuto non sussistente.

Ora la Cassazione ha accolto il ricorso presentato da Rispoli che reclamava il diritto a ottenere un risarcimento per ingiusta detenzione, in relazione alla misura cautelare della custodia in carcere applicata nei suoi confronti dal Gip di Milano da luglio 2020 a giugno 2021. Davanti alla Suprema Corte, il ricorso è arrivato dopo che la Corte d’Appello di Milano aveva rigettato la domanda ritenendo che lo stesso Rispoli, nonostante l’assoluzione, avesse contribuito ad alimentare i sospetti su di lui, e in particolare che “nel corso delle indagini era comunque risultato che il Rispoli aveva tenuto comportamenti idonei a essere percepiti come indicativi di una sua contiguità alla associazione di tipo mafioso, rendendo noto il suo rapporto di parentela con Vincenzo Rispoli, presentato come il capo dell’organizzazione”.

Quindi la richiesta di indennizzo era stata rigettata “sulla base delle sole dichiarazioni rese dal Molinari in sede di indagini preliminari, da ritenere peraltro, già in tale fase, come intrinsecamente contraddittorie”, proseguono i giudici di Cassazione. Tuttavia, se da un lato “la frequentazione ambigua di soggetti coinvolti in traffici illeciti si presta a essere interpretata come indizio di complicità”, dall’altro “le dichiarazioni rese in sede di indagini, uniche a essere valorizzate ai fini del rigetto della domanda, sono state smentite in sede di sentenza di assoluzione”.