
Il cantiere del palazzetto di Cantù, fermo (Cusa)
Cantù (Como) 22 ottobre 2014 - La diaspora della Pallacanestro Cantù è destinata a non avere fine. Sono trent’anni che la seconda squadra più titolata d’Europa dopo il Real Madrid è in attesa di un Palasport dove poter giocare di fronte al proprio pubblico, un sogno infranto due volte: la prima nella metà degli ’80, quando il Comune s’imbarco nell’avventura del Palababele, così soprannominato perché l’architetto Gregotti lo immaginò come un gigantesco Ziggurat nella piana della Brianza. Iniziato e mai portato a termine il palazzetto divenne un monumento allo spreco: troppo grande e soprattutto troppo costoso, diciotto miliardi di vecchie lire, sette dei quali concessi dal Coni, negli anni in cui in Italia la febbre dei Mondiali del ’90 era ancora alta. Abbattuto nel 2010 per essere costruito di nuovo, più moderno e maestoso di prima, questa volta dalla Lega Nord che sulla grande opera aveva scommesso il proprio successo alle amministrative, il palazzetto di Corso Europa è crollato di nuovo, schiacciato dalla crisi che ha reso insostenibile quell’immensa cattedrale da oltre 56 milioni di euro. Un sogno per i tifosi destinato a rimanere bello solo sulla carta, con i suoi 7.300 posti a sedere più una multisala per 1200 spettatori, una piscina al coperto con palestra e una cinquantina tra ristoranti, bar e negozi da realizzare nel compendio.
Il più grande cantiere aperto in Lombardia esclusa la Pedemontana. Realizzato grazie al project financing, ovvero grazie ai finanziamenti dei privati che per vent’anni avrebbero dovuto godere dei ricavi derivati dal suo funzionamento, il Palasport più bello di Lombardia si è scontrato con gli effetti devastanti della crisi. Che le cose non andassero bene lo si era capito da mesi, il termine originario di consegna dei lavori era infatti scaduto il 13 giugno del 2013, con il Comune che aveva concesso una proroga di altri 300 giorni alla ditta costruttrice, il Gruppo Turra di Cazzago San Martino, in provincia di Brescia. Quell’opera ciclopica ha trascinato nel baratro anche loro, da mesi il cantiere si era trasformato in un deserto senza neppure un operaio al lavoro, ad aprile quando la proroga era scaduta l’azienda era impegnata in un concordato preventivo e il Comune aveva deciso di aspettare. L’ultima speranza era affidata al subentro della Cmr Edile di Reggiolo, una cooperativa di oltre 400 persone con un fatturato di oltre 100 milioni di euro. A Cantù dove hanno più dimestichezza con il legno che con il cemento armato speravano nelle loro spalle per portare a termine l’opera, ma visti bene i conti anche gli emiliani hanno fatto un passo indietro. Così ieri al sindaco Claudio Bizzozero è toccato prendere la decisione più difficile: risolvere il contratto. Cantù rischia di ritrovarsi senza un palazzetto, un cantiere-mostro incompiuto e una serie infinita di ricorsi legali, penali da incassare e milioni di euro da restituire al Coni.