
di Roberto Canali
Fa discutere la decisione dell’ospedale Valduce di tagliare le cure palliative domiciliari per far quadrare i conti. Una decisione che segue di poche settimane quella di chiudere il Pronto soccorso pediatrico, sospeso dall’1 agosto scorso insieme ai ricoveri in pediatria. Se nel primo caso il problema è soprattutto economico nel secondo la decisione era legata al calo dei servizi svolti: 194 i ricoveri in Pediatria nei primi 6 mesi di quest’anno, con una riduzione del 33% rispetto all’epoca pre-Covid, 2.158 accessi al Pronto Soccorso Pediatrico con una riduzione del 35%. "Tutte le attività mediche si svolgono atti che sono essenziali sia dal punto di vista umano che clinico: l’ascolto del paziente, un sorriso, uno sguardo, un bicchiere d’acqua - ha indirizzato una lettera aperta alla direzione dell’ospedale cittadino Italo Nessi, medico e attivista politico in passato anche consigliere comunale tra le fila del Pd - Atti che non hanno prezzo, per cui non rientrano nel budget. L’accompagnamento di una persona alla morte ne prevede migliaia, oltre alle specifiche cure farmacologiche, psicologiche, infermieristiche. La direzione dell’ospedale ha deciso di smantellare una équipe medico, psicologica, infermieristica che sapeva gestire il fine vita umanamente e professionalmente, evitando ai pazienti, ovviamente fragilissimi, il ricorso all’ ospedalizzazione". Una decisione poco lungimirante secondo Nessi in un momento in cui "la Sanità va verso la domiciliarizzazione dei servizi".
"Il Valduce ha deciso di andare in direzione ostinata e contraria. A quanto si evince, a causa di problemi economici - prosegue nella sua analisi - Ma mi chiedo come faccia ad essere in perdita un servizio domiciliare che per definizione abbatte i costi sia di ospedalizzazione, sia di specialistica che di diagnostica e interventistica ambulatoriale. Un servizio così dovrebbe avere un ampio credito. Se i rimborsi regionali non arrivano nelle casse dell’ospedale, nel percorso di finanziamento del sistema sanitario c’è qualcosa da modificare. E il problema non sta certo nei pazienti fragili, fruitori dei servizi".