Il super pentito di ’ndrangheta: così mi sono affiliato a Canzo

Nei verbali la verità di Luciano Nocera sull’omicidio Albanese di Paola Pioppi

Il cadavere di Ernesto Albanese rinvenuto a Guanzate

Il cadavere di Ernesto Albanese rinvenuto a Guanzate

Como, 9 marzo 2015 - «Non leggo i giornali, ma ho guardato gli articoli dove si narrava dell’omicidio di Ernesto Albanese». Luciano Nocera, 46 anni di Lurate Caccivio, entrato due mesi fa nel programma dei collaboratori di giustizia, sta raccontando ai magistrati di Milano e Como tutto ciò che è a sua conoscenza dei legami criminali della Bassa Comasca, territorio nel quale vive da sempre e dove è stato, in questi ultimi anni, un punto di riferimento importante all’interno dell’ambiente. Arrestato l’11 luglio 2014 dalla Dda di Milano per un grosso traffico di droga, è stato raggiunto a ottobre da un’ordinanza di custodia cautelare del Tribunale di Como, per l’omicidio di Ernesto Albanese – in concorso con altre quattro persone – indagato assieme a lui dalla Dda, ma accoltellato a morte prima dell’arresto. Nocera racconta della sua affiliazione alla ‘ndrangheta, che sarebbe avvenuta tre 2004 e 2005 mentre era detenuto al Bassone, assieme a Luigi Vona, 61 anni di Valbrona, arrestato nell’indagine Infinito.

«Vona mi fece un taglio dietro la schiena – racconta Nocera – e bevve il sangue che ne uscì. La ragione della mia affiliazione, consiste nel fatto che mi ero fatto la galera nella “Notte di Fiori di San Vito”, senza dire niente. Mi ero sempre dimostrato persona affidabile». Nei suoi racconti, in quasi cinquecento pagine di verbali, Nocera arriva fino all’omicidio di Salvatore Deiana, del quale venne messo a conoscenza subito: la mattina del 9 marzo 2009, ancora prima di seppellire il corpo, Franco Virgato, ritenuto uno dei due autori del delitto, sarebbe andato a suonare il campanello di Nocera, raccontando tutto quello che era accaduto in quei giorni.

Nelle sue dichiarazioni, rese davanti alla Dda di Milano in almeno quattro occasioni, racconta episodi di cui è stato protagonista o dei quali era stato semplicemente messo a conoscenza in virtù dell’autorevolezza che gli veniva riconosciuta, riporta dettagli e aneddoti su ogni cosa, dall’uso delle armi fino ai rapporti tra gli affiliati e chiunque girasse attorno a loro. Verbali che ora sono finiti all’interno del processo Insubria, sulle locali ndranghetiste di Fino Mornasco e Cermenate, per il quale è stato fissato il processo con giudizio immediato per il prossimo 15 aprile. Ma di questi arresti dello scorso novembre, Nocera viene a sapere da Radio Carcere mentre è detenuto a Voghera, non dai giornali. Racconta degli affiliati di Fino Mornasco, e in particolare di Michelangelo Chidamo detto “Bocconcino”, indicato come il capo della locale: «Nel 2010 – racconta Nocera – mi ha avvicinato, dicendo che stava un po’ riorganizzando la situazione: io rifiutati di affiliarmi a Fino, dicendo che cambiavo bandiera e rimanevo a Canzo».