La Svizzera chiederà il certificato antimafia alle aziende italiane

Il Governo elvetico ha deciso di adottare la misura proposta: ora per diventare legge passerà al vaglio del Consiglio Nazionale

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Abituate a produrlo tutte le volte che prendono parte a un appalto pubblico, tra un po’ le aziende italiane si sentiranno chiedere il certificato antimafia anche per lavorare in Svizzera. La proposta era stata formulata nel giugno scorso al Consiglio federale da Marco Romano, deputato ticinese di Alleanza di Centro, e il Governo svizzero ha deciso di adottare la misura "ben consapevole dei pericoli che le organizzazioni criminali e il crimine organizzato comportano anche nel settore degli appalti pubblici". Per diventare legge la proposta dovrà superare il vaglio del Consiglio Nazionale, la camera che rappresenta i singoli Cantoni, alla quale spetterà l’ultima parola sull’efficacia del certificato antimafia italiano come misura di lotta contro la corruzione negli appalti pubblici anche in Svizzera. Un tema particolarmente sentito anche al di là del confine dopo che nei mesi scorsi alcune inchieste giudiziarie su importanti appalti come quello per i lavori della galleria ferroviaria del Monte Ceneri, avevano portato alla luce abusi nei confronti dei dipendenti, costretti a turni massacranti nonostante salari inadeguati e un evasione contributiva di 3 milioni di franchi. L’azienda italiana era poi finita al centro di un inchiesta della Dda di Milano per presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta. Solo l’ultima disavventura per il cantiere, già fermato nel marzo 2018 per l’arresto per corruzione dell’imprenditore italiano Duccio Astaldi, ad di Condotte d’Acqua Spa di Roma, responsabile dei lavori di scavo del tunnel Monte Ceneri.