Base nei B&B del Comasco, telefoni intestati a prestanome, macchine a noleggio e un giro di clientela che includeva imprenditori, professionisti e studenti comaschi, molti dei quali con cognomi rinomati, che venivano riforniti di cocaina mentre erano al lavoro o a casa.
I pusher erano sempre giovani albanesi arrivati da poco in Italia, ai quali venivano fornite tutte le coordinate necessarie a ereditare e portare avanti il lavoro dei connazionali che li avevano preceduti, man mano arrestati dalla Guardia di finanza. Si è conclusa in questi giorni, con la notifica degli atti, l’indagine condotta tra il 2022 e il 2023 dal Nucleo Mobile del Gruppo Ponte Chiasso, coordinata dal sostituto procuratore di Como Simona De Salvo, con nove indagati, cinque dei quali man mano arrestati e gli altri a piede libero.
Durante le indagini sono stati sequestrati 29mila euro e mille franchi svizzeri, mezzo chilo di cocaina e un ciclomotore nonché segnalati alla Prefettura 25 acquirenti di droga. Sono inoltre in corso ulteriori accertamenti, scaturiti dalla segnalazione alla Questura di Como, sui titolari delle strutture ricettive dove gli spacciatori alloggiavano, avendo disatteso le prescrizioni in materia di pubblica sicurezza, mentre ai gestori di telefonia mobile è stato segnalato il dealer comasco responsabile dell’attivazione delle utenze intestate a soggetti inesistenti.
A inizio dicembre 2022 era finito in carcere Markeljan Toli, albanese di 25 anni trovato con 60 grammi di cocaina dopo essere stato notato mentre cedeva dosi a un acquirente, e 17mila euro custoditi nella stanza che occupava in un B&B di Como.
Tre mesi dopo, a febbraio del 2023, era stato arrestato con le stesse modalità Klajdi Frroku, diciannovenne albanese di Tirana senza fissa dimora in Italia, domiciliato a sua volta in un B&B, bloccato mentre spacciava in piazza del Popolo. Sulla sua auto, presa a noleggio, erano state trovate 40 dosi di cocaina, altri 300 grammi nella sua stanza.
L’indagine è proseguita per individuare gli altri soggetti ora accusati di aver preso parte al traffico di stupefacenti tra Italia e la penisola balcanica, che importavano droga ed esportavano i proventi della vendita in Albania, utilizzando spalloni che viaggiavano in bus di linea, ai quali venivano affidate ingenti somme di denaro.