Como, accusata di calunnia e poi assolta: "Non c’è la prova dell’offesa"

Le motivazioni della sentenza a favore di Maria Rita Livio per le parole controverse sul consigliere Giuseppe Riniti

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"Il fatto non costituisce reato mancando ogni prova circa la volontà dell’imputata di offendere l’onore della parte civile". Sono le motivazioni con le quali il giudice monocratico di Como Cristiana Caruso, a febbraio aveva assolto dall’accusa di diffamazione l’ex presidente della Provincia di Como Maria Rita Livio (foto). La vicenda risale all’ottobre 2014 quando la Livio, al termine dello scrutinio in cui risultava quarto eletto Giuseppe Riniti, consigliere di Lurate Caccivio, all’epoca candidato per Forza Italia, in presenza di più persone, avrebbe pronunciato la frase: "Riniti Giuseppe? Riniti mafia… un mafioso".

Dall’istruttoria sarebbe infatti emerso che tale frase non era stata udita direttamente dal Riniti, che si trovava in un’altra stanza e in un contesto di concitazione e affollamento: gli sarebbe stata riferita da una terza persona, e da testimoni che non hanno saputo dare nessuna certezza dell’effettivo accadimento. "Unica certezza – dice il giudice – è l’esistenza di rumore e gran numero di persone raggruppate". In primo grado, il Giudice di pace di Como aveva ritenuto fondata quella querela, condannando la Livio a 2.000 euro di pena pecuniaria, più altrettanti di risarcimento danni, ma il suo avvocato, Claudio Bocchietti, aveva presentato appello e ottenuto il ribaltamento della sentenza. Pa.Pi.