Cadorago, la 'ndrangheta si è bevuta la Spumador: azienda commissariata

Un anno sotto il controllo di un amministratore giudiziario per rimuovere i rapporti con la criminalità nel settore del trasporto merci

La produzione all’interno dell’ampio stabilimento di Spumador (Archivio)

La produzione all’interno dell’ampio stabilimento di Spumador (Archivio)

Cadorago (Como) - Per i giudici è un po’ vittima e un po’ complice. Finisce in amministrazione giudiziaria per un anno la Spumador spa, nota azienda di bevande gassate con un fatturato annuo superiore ai 200 milioni di euro, il cui nome era comparso già in un’inchiesta della Dda milanese che lo scorso novembre portò ad arrestare 54 persone. Ora il provvedimento disposto dalla Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale (giudici Roia-Tallarida-Pontani) al termine delle indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Como coordinate dal pm Paolo Storari, che hanno fatto emergere "un presunto meccanismo criminoso che puntava ad ottenere il controllo totale delle commesse di trasporto della società", con sede a Caslino al Piano, frazione di Cadorago, nel Comasco, "ottenuto mediante reiterate condotte estorsive, aggravate dal ricorso al metodo mafioso, ai danni di dirigenti e dipendenti della committente, di fatto assoggettata al volere degli ‘ndranghetisti, che imponevano le loro condizioni economiche" alla Spumador.

I giudici hanno rilevato "una grave situazione di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa esercitata, perdurante dal 2018 sino ad oggi, che ha permesso a svariate società, riconducibili ad esponenti della ‘ndrangheta, di operare indisturbate nel tessuto economico, alterandone le regole della concorrenza e ottenendo così ingenti vantaggi". L‘intervento dell’amministratore giudiziario, il professore Alberto Dello Strologo, come scrivono i giudici, dovrà essere finalizzato ad analizzare i contratti in corso "nel precipuo settore di infiltrazione", il trasporto merci, e "a rimuovere" quei rapporti con persone legate direttamente o indirettamente alle cosche.

Tra il 2018 e il novembre 2021, spiega ancora il Tribunale, c’è stato un "totale assoggettamento" di Spumador alle "pretese estorsive avanzate dagli esponenti della famiglia Salerni con modalità tipicamente mafiose". Si va dal "guarda che adesso vengo lì e sparo" all’"accendiamo un po’ di fuoco a uno là", dal "gli devo far passare un brutto quarto d’ora" al "gli faccio una faccia quanto un pallone". È lungo l’elenco di minacce a dipendenti e dirigenti di Spumador dai fratelli Antonio e Attilio Salerni, presunti affiliati alla ‘ndrangheta. Un metodo che, tra i dipendenti, ha creato un "forte timore per la loro incolumità e, soprattutto per quella dei loro familiari" . E la "direzione della società" sarebbe stata "pienamente consapevole", ma per lungo tempo è "rimasta inerte".