Antonio Milia, il killer del comandante Doriano Furceri: "Si sentiva perseguitato"

Sangue nella caserma di Asso, escluse questioni personali. L’ipotesi: dissidi su ferie, riposi e mansioni Il difensore d’ufficio: "Milia è distrutto"

Il brigadiere Antonio Milia pistola in pugno, alle sue spalle il corpo di Doriano Furceri

Il brigadiere Antonio Milia pistola in pugno, alle sue spalle il corpo di Doriano Furceri

Asso (Como) - Sarà la Procura Militare di Verona a indagare sull’omicidio di Doriano Furceri. Lo hanno stabilito ieri i magistrati, al termine del lungo interrogatorio iniziato alle 4.30 e concluso alle 18. Il movente del delitto commesso dal brigadiere Antonio Milia sarebbe scaturito solo da ragioni di servizio, senza alcun contorno di carattere personale. Dalla confessione piena per dare una spiegazione a ciò che aveva fatto sarebbe emerso che, in questi mesi di gestione Furceri, Milia si sarebbe sentito ingiustamente maltrattato su mansioni, godimento dei riposi e ferie. Decisioni percepite come persecutorie, ma confinate a un ambito professionale.

Il Tribunale Militare si era già occupato di Antonio Milia a febbraio per il colpo di pistola esploso verso terra nell’alloggio di servizio, qualificato come danneggiamento di un bene di proprietà militare: era stato emesso un decreto penale di condanna. Ma quel colpo di pistola era molto di più, l’inizio di un percorso concluso otto mesi dopo in modo tragico. "Ciò che è accaduto è stato la somma di tante questioni che ora è necessario comprendere", ha detto l’avvocato Roberto Melchiorre, legale di fiducia del brigadiere, ieri sera al termine dell’interrogatorio.

"Lui è distrutto, c’è tanto dolore per tutti in quanto accaduto – ha aggiunto – Milia ha collaborato con gli inquirenti ricostruendo tutto quel che è accaduto in questi mesi. Ma per lui è stato difficoltoso, in alcuni momenti i ricordi erano sfumati o inesistenti. Una situazione da accertare sul piano giudiziario ma anche su quello clinico-sanitario". A partire dalla documentazione che ha accompagnato il percorso di cura in questi ultimi mesi, dal ricovero di febbraio fino alla terapia successiva. Ciò che era rimasto nella percezione del brigadiere 57enne era un senso di accerchiamento e persecuzione. Uno stato confusionale misto a dolore e senso di colpa, che per tutto il pomeriggio di ieri ha dominato il suo tentativo di ricostruire il più possibile questi ultimi mesi e ore.