Triplice omicidio di pazienti Covid, la difesa: "Fu un complotto"

Per i consulenti le sostanze furono iniettate post mortem. L’accusa: "Impossibile"

Il dottor Carlo Mosca l’aveva detto: "Quei medicinali non li ho iniettati io, lo ha fatto qualcuno a cui non stavo simpatico, per farmi del male". Ieri in Corte d’assise, al processo per triplice omicidio di pazienti Covid, per l’accusa soppressi con farmaci letali dall’ex primario del pronto soccorso di Montichiari, i consulenti della difesa hanno avallato la tesi del complotto: "Il propofol ad Angelo Paletti è stato iniettato post-mortem" è la conclusione del collegio difensivo, Nicola Cucurati, Antonio Curnis, Luigi Alberto Pini, Maurizio Riccabue, Carlo Muneretto. "A tre mesi dalla morte in Paletti nell’encefalo non sono state trovate tracce, se non piccolissime, di Propofol a differenza degli altri organi – ha evidenziato Pini –. Sono ragionevolmente sicuro della somministrazione da morto, da vivo qualcosa sarebbe rimasto". Natale Bassi ed Ernesto Nicolosi, invece, che la procura ritiene stroncati dalla succinilcolina - che non fu rinvenuta, ma la velocità di assorbimento della molecola avrebbe reso impossibile un esito diverso - per gli esperti della difesa sono deceduti per le gravi patologie pregresse concomitanti al Covid, che hanno provocato edemi polmonari e desaturazioni. Idem Paletti. "Questi pazienti erano così gravi da rendere plausibile una morte improvvisa anche solo andando in bagno" ha sottolineato Muneretto.

Conclusioni stigmatizzate dal team dell’accusa. "Non è possibile sia stato iniettato un farmaco a un cadavere senza una pompa". B.Ras.