Rezzato, raid razzista in un bar nel Giorno della Memoria: "Non so se riaprirò"

Locale distrutto, svastiche e scritte ingiuriose. La titolare di origini marocchine: "Sono spaventata"

La vetrina infranta e le scritte razziste. Oggi un presidio davanti al locale

La vetrina infranta e le scritte razziste. Oggi un presidio davanti al locale

Rezzato (Brescia), 28 gennaio 2019 - «Questa notte attorno alle due e dieci, mentre ero a casa a riposare a Puegnago, è scattato l’allarme del mio bar. Mi sono immediatamente recata a Rezzato, pensando a un problema tecnico o a un disguido. Invece ho trovato uno scempio. Non solo le vetrine erano state infrante e i tendaggi danneggiati, ma dentro è stato rotto tutto. Non solo: ho trovato delle scritte che non desidero ripetere. Scritte che se razziste e sessiste. Si riferiscono a me come donna mulatta, poiché sono di origini marocchine e come donna in generale, dato l’epiteto rivoltomi".

Nel locale, in concomitanza con il “Giorno della memoria“, qualcuno ha disegnato una svastica e una croce celtica, oltre ad avere vergato insulti razzisti. A raccontare è Madiha Khtibari, italiana di 36 anni nata da genitori arrivati nel bresciano dal Marocco. Nel giorno della memoria la donna, che è la titolare del bar Casablanca di Rezzato, ha trovato questa terribile sorpresa, che l’ha lasciata senza parole. Il vandalo o i vandali non solo hanno rubato 250 euro, pesantemente rovinato le vetrate e gli arredi, ma hanno anche devastato gli interni.

"Hanno rotto tutto – ha detto Madiha – una volta aperti i frigoriferi hanno gettato tutto a terra. Hanno infranto varie bottiglie di grappa e latte, gettando anche liquidi sui vetri, è anche stato fatto scempio di bicchieri e altri oggetti. È un gesto crudele nei miei riguardi". La donna non sa chi potrebbe essere stato e non vuole giudicare. È solo molto molto spaventata, turbata e ferita. "Quello di oggi è un anniversario molto importante. Rispetto profondamente la nazione dove sono nata e cresciuta e che ha accolto me e la mia famiglia – ha rimarcato – lavoro 16 ore al giorno perché non posso più permettermi di avere una dipendente. L’ambiente è per lo più maschile e quindi devo combattere ogni giorno, essendo donna. Una cosa però devo dirla. Sono nata qui, mi sono diplomata in ragioneria in Italia. Mi sento molto più italiana di tanti altri. Nel mio bar non si parla arabo. Non so quanto potrò andare avanti così. Devo farmi accompagnare sia all’andata sia al ritorno. È una cosa vergognosa". Madiha ha raccontato che spesso nel bar si parla di politica: "Questo gesto mi cambia la vita: non so se riaprirò il bar. Ora sono spaventata e turbata. Mi ha colpito che nessuno dei vicini abbia sentito i rumori e denunciato". Alla donna è arrivata la solidarietà di molte persone, sia del mondo della politica, sia dalla cittadinanza. Oggi alle 18.30 è stato organizzato un presidio di solidarietà davanti al bar per raccogliere fondi in favore di Madiha. A organizzarlo le associaizoni “Diritti per tutti“ e “Magazzino 47“, parteciperà anche l’Anpi.