Raid punitivo contro i nomadi, disposta perizia balistica in Appello

Agricoltore sessantenne sul banco degli imputati per tentato omicidio

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Era accusato di avere messo a segno un raid punitivo fomentato dal razzismo contro una famiglia di nomadi e in primo grado il gup l’aveva condannato a dodici anni di reclusione. Ieri si è aperto il processo d’appello per Ennio Albiero, agricoltore sessantenne finito sul banco degli imputati per tentato omicidio e incendio aggravati appunto dall’odio razziale. La Corte, accogliendo l’istanza dell’avvocato della difesa Gianfranco Abate, ha disposto una perizia balistica e i giudici affideranno l’incarico il 12 marzo. In carcere dall’estate del 2019, l’imputato per l’accusa la notte tra l’1 e il 2 gennaio 2020 si era reso protagonista di una vendetta tra le campagne tra Lonato e Bedizzole ai danni di alcuni sinti che vivevano accampati laggiù. Albiero in passato aveva subito dei furti nelle sue proprietà, e si era messo in testa che la responsabilità fosse dei sinti in questione (ma non sono mai stati trovati riscontri in tal senso). Intenzionato a dar loro una lezione, quella notte uscì da casa armato di fucile da caccia e taniche di benzina, questa la tesi della Procura, si avvicinò alle casupole viaggianti nelle quali dormivano Luca Cari, 40 anni, il padre e la moglie, e appiccò il fuoco. Poi, trovandosi davanti il quarantenne spaventato, gli sparò a bruciapelo, ferendolo a una spalla. Una ricostruzione stigamtizzata dalla difesa, che punta se non all’assoluzione, almeno alla riqualificazione del tentato omicidio in lesioni e minacce escludendo l’aggravante del razzismo. Stando alla consulenza di parte, affidata al generale Romano Schiavi, il proiettile recuperato sulla scena del crimine, era così ossidato da far pensare fosse in quel campo da molto tempo, dunque non c’è prova fosse di proprietà dell’agricoltore. La perizia ora farà chiarezza.