
"Io non mollo. Ho ancora speranza che sia fatta giustizia". Maria Luisa Massardi è la mamma di Sara Comaglio, la 26enne morta in un incidente d’auto nel maggio 2012 nel sottopasso allagato della 45 bis a Prevalle. Ieri era seduta in prima fila davanti ai giudici della Corte d’appello – presidente, Giulio Deantoni - dove è in corso il processo di secondo grado per il dirigente di Anas Matteo Castiglioni. Imputato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme della circolazione stradale, Castiglioni in primo grado (nel 2019) era stato assolto, ma la Procura, convinta della malagestione della sicurezza del tunnel, ha impugnato il verdetto. La signora Comaglio non ha mai smesso di dar battaglia. "Tuttora se piove quel sottopasso si allaga" dice, dopo avere depositato esposti a raffica che documentano gli allagamenti. Il giudizio a carico dell’ex dirigente del compartimento di Milano si aprì per la determinazione della famiglia di Sara, che per due volte si oppose all’archiviazione.
Il pm Corinna Carrara al termine del dibattimento aveva chiesto per l’imputato un anno e mezzo di carcere, ritenendo l’incidente frontale connesso alla vasta quantità d’acqua che si era accumulata sotto il tunnel in seguito al maltempo. Castiglioni a detta dell’accusa sapeva e doveva intervenire per impedire che ogni acquazzone sfociasse nella formazione di una piscina in quel sottopasso. L’argomentazione della difesa al contrario ha sostenuto che "è irrazionale attribuire colpe a una figura apicale", lasciando intendere che il dirigente non può essere ritenuto responsabile della morte di una persona, pur se l’infrastruttura aveva diversi problemi dal punto di vista del drenaggio dell’acqua e dell’impermeabilizzazone, com’emerso nel corso del dibattimento.
In aula ieri, nell’ambito di una parziale rinnovazione dibattimentale, sono stati riascoltati un paio di testi. I giudici hanno preso tempo per rivedere le carte. E hanno riaggiornato il processo al 17 dicembre, in vista delle conclusioni e della probabile sentenza.
B.Ras.