
Sara Comaglio
Prevalle (Brescia), 7 giugno 2019 - L'appuntamento in tribunale è domani alle 9,30, davanti al giudice Chiara Minazzato. Il processo è alle battute finali e si attende la requisitoria del pm Corinna Carrara. «Ci saremo tutti: io, mio marito e mio figlio» dice Maria Luisa Massardi, la mamma di Sara Comaglio, emozionata. Sono passati sette anni da quel tragico incidente che nel sottopasso allagato della 45 bis a Prevalle si portò via la ventiduenne di Gavardo. Era il 22 maggio 2012, le cinque del mattino. La Fiat Punto della ragazza, in forza alla Polizia locale di Gussago, si schiantò frontalmente con un’Audi dopo essere planata su una piscinetta che si era accumulata sotto il tunnel per via della pioggia.
Sara procedeva a velocità entro i limiti e nel frangente dell’impatto non pioveva, fu l’esito dei rilievi, ma il temporale della notte precedente aveva mandato in tilt le pompe aspiratrici. Abbastanza per trasformare quel sottopasso con dieci centimetri d’acqua in una tomba. «Una trappola impossibile da evitare – è sicura la signora Comaglio -. La morte di mia figlia è stato l’epilogo di una lunga serie di allagamenti e quelle criticità che si generavano in occasione dei temporali erano ben note. Dopo le cose sono cambiate».
La famiglia della sfortunata automobilista ha dato battaglia fino allo sfinimento per avere giustizia. E domani sarà al completo in udienza per sostenere la pubblica accusa nei confronti di Matteo Castiglioni, 52 anni, all’epoca dirigente territoriale Anas, la società competente per quel tratto di tangenziale. L’imputato risponde di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme della disciplina della circolazione stradale, un’aggravante introdotta dal pm Carrara che consente di fare slittare la prescrizione. «Ho grande fiducia nella dottoressa Carrara che si è presa a cuore il mio caso – sottolinea la mamma di Sara – Le ho fornito tanto materiale e adesso vedremo come andrà a finire».
Per ben due volte la famiglia, assistita dall’avvocato Veronica Zanotti, è riuscita ad opporsi alla richiesta di archiviazione del caso, la prima fornendo la prova che nei sei anni prima dell’incidente mortale i pompieri avevano effettuato ben 19 interventi per il sottopasso in questione allagato, la seconda portando le carte del progetto pubblico di messa in sicurezza del tunnel, costato 400mila euro e compiuto nel 2014. «Anas si difende dicendo che non sapeva del problema, ma tutto questo dimostra il contrario - continua la signora, che nel frattempo ha ottenuto dalla società un risarcimento di 400mila euro e ha ritirato la costituzione di parte civile – Peraltro Anas aveva già risarcito un’altra automobilista ferita nel 2011 in un incidente uguale a quello in cui ha perso la vita mia figlia».
Arruolata negli Alpini, esperta paracadutista e addestratrice di studenti delle superiori nell’ambito del Training Day, la 22enne ora vive nelle iniziative che i familiari portano avanti per lei. Con parte del risarcimento i Comaglio hanno comprato un’unità mobile di soccorso che fornisce medicinali e assistenza medica ai bimbi del Bagladesh. «Il sorriso di Sara ora vive in loro».