Polmonite a Brescia, 878 malati senza un perché

Niente risposte dopo tre mesi, l’ipotesi di un maxi-studio sulla popolazione come accaduto per il sito Caffaro e la diossina

Nei casi più gravi di polmonite è necessario il ricovero in ospedale

Nei casi più gravi di polmonite è necessario il ricovero in ospedale

Brescia, 11 dicembre 2018 - Ci vorranno un paio di anni per capire le cause dell’epidemia di polmonite e legionella che ha colpito un’ampia zona della Bassa Bresciana e dell’Alto Mantovano. E probabilmente servirà uno studio epidemiologico, come quelli messi in atto nei siti inquinati di interesse nazionale.

A tre mesi dall’inizio dell’epidemia ci sono ancora poche certezze. Si sa che ci sono stati 878 casi di polmonite tra inizio settembre e metà ottobre. Nel Bresciano ce ne sono stati 766, di cui 224 in 7 comuni lungo il fiume Chiese: l’anno prima erano stati solo 36. Le analisi per ora hanno confermato 103 casi di legionella. Ats Brescia, con Istituto superiore di sanità e Assessorato regionale alla salute concordano sulla necessità di proseguire la ricerca. «Le 103 positività – sottolinea il direttore generale Ats Brescia Carmelo Scarcella – non giustificano l’enorme numero di polmoniti, è possibile che ci siano cause diverse. Dobbiamo capire cos’altro andare a cercare e mettere in campo uno studio di popolazione analogo a quello sull’area Caffaro». Ovvero il grande sito chimico i cui effetti hanno colpito duramente l’area bresciana. Dalle analisi sui 308 campioni biologici condotte dall’Istituto superiore di sanità emerge che solo 10 positività sono legate alla legionella pneumophila di tipo 1 (quella più comune); i restanti 93 appartengono al tipo 2-15.

«Questo rende il caso singolare – spiega Maria Luisa Ricci, responsabile centro di riferimento nazionale legionellosi dell’Iss – perché in letteratura non è mai stata trovata un’epidemia da legionella del gruppo 2». Ma c’è di più. Nei campioni ambientali prelevati da torri di raffreddamento (fino a ieri le principali imputate), impianti industriali, fiume Chiese, solo in quest’ultimo (in particolare nella zona di Montichiari, Remedello e Carpenedolo) c’è una corrispondenza con il tipo di legionella trovata nelle persone. Ats e Iss concordano, però, nell’affermare che la causa dell’epidemia non possa essere imputata al fiume che, semmai, potrebbe a sua volta aver ‘raccolto’ il bacillo da un’altra fonte. «Bisognerebbe capire cosa è stato sversato in quel periodo», sottolinea Ricci. «Le torri sono ancora oggetto di indagine – sottolinea Fabrizio Speziani, direttore sanitario Ats Brescia –. Ats Valpadana ha effettuato campionamenti sulle torri di Castiglione delle Stiviere». Intanto Regione Lombardia è pronta a emanare le linee guida per il trattamento degli impianti di raffreddamento. «Saranno previsti controlli e sanzioni», spiega l’assessore Giulio Gallera. Dalla vicenda, una novità positiva: la nascita di una sala operativa nell’Ats per gestire le emergenze e migliorare la comunicazione con i comuni e le autorità sanitarie del territorio.