
Palazzo di Giustizia (Fotolive)
Brescia, 13 luglio 2015 - Un proscioglimento, due rinvii a giudizio, sedici patteggiamenti. Così si è conclusa nei giorni scorsi l’udienza preliminare per il primo filone dell’inchiesta che ha fatto finire in tribunale 19 persone, accusate di avere messo in piedi a Brescia, tra le province in Italia con il più alto tasso di stranieri, una sorta di centrale delle false regolarizzazioni degli immigrati. Tra loro c’era anche la ex dirigente dell’ufficio immigrazione della questura, Roberta Di Fronzo, che è stata prosciolta dal gup Luca Tringali. Il sostituto procuratore Ambrogio Cassiani qualche mese fa per il funzionario aveva chiesto il processo: secondo l’impostazione originaria dell’accusa l’imputata aveva omesso di effettuare i controlli imposti dalla legge inducendo così in errore la questura, la quale ha poi rilasciato permessi di soggiorno ideologicamente falsi in quanto fondati su presupposti inesistenti. In occasione dell’udienza preliminare però la stessa procura ha fatto un passo indietro chiedendo il proscioglimento per mancanza di dolo, e il giudice ha stralciato la posizione della ex dirigente.
L'inchiesta aveva coinvolto anche un commercialista di Castiglione delle Stiviere (Mantova), Pierluigi Rossini, che ha patteggiato due anni (pena sospesa). Il professionista avrebbe contribuito al rilascio dei documenti per gli immigrati costituendo ditte inesistenti, prestandosi a far figurare false assunzioni e redigendo buste paga inventate. Costo di ogni servizio, dai 150 ai duecento euro. Al fine di «trarre ingiusto profitto dalla condizione di illegalità degli immigrati, consistito dalle somme di denaro che gli extracomunitari versavano per i servizi illeciti offerti e finalizzati a consentire i rinnovi dei titoli di soggiorno - sosteneva la procura – Rossini predisponeva contratti di lavoro fittizi emessi da ditte individuali inesistenti, buste paga fittizie emesse dalle predette imprese individuali di fatto inesistenti, le quali venivano materialmente acquistate mese per mese dai richiedenti il permesso». Grazie all’opera del professionista infedele, 84 immigrati provenienti da Marocco, Pakistan, Kosovo, Tunisia, Egitto e Cina si sono garantiti la permanenza in Italia, ma non solo. Alcuni servizi sarebbero stati usufruiti da stranieri residenti all’estero.
Per Cassini tra il 2009 e il 2014 Brescia ha sfornato circa cento titoli di soggiorno irregolari, emessi sulla scorta di contratti di lavoro sottoscritti da misteriose società intestate a sedicenti imprenditori stranieri, a volte prive persino di sedi fisiche. Tra loro, solo in due hanno scelto di andare a dibattimento. In questo caso il gup ha disposto il rinvio a giudizio. Tutti gli altri presunti titolari di ditte - aziende di pulizie, volantinaggio, costruzioni – hanno invece scelto di chiudere la vicenda patteggiando pene dai dieci mesi ai due anni per violazione del testo unico sull’immigrazione.
di Beatrice Raspa