
Il municipio di Padenghe
Padenghe (Brescia), 6 maggio 2019 - Due assegni da 160mila euro emessi a favore del Comune nel 2007 misteriosamente dimenticati nella cassaforte del municipio nell’indifferenza generale per otto anni e ritrovati per caso troppo tardi, quando ormai incassarli è problematico perché nel frattempo la società che li ha staccati è fallita. Risultato: la procura generale della Lombardia della Corte dei conti contesta il danno erariale di 80.226 euro, cioè l’importo andato perso, a sette persone: la responsabile dell’ufficio tecnico di allora, i sindaci Patrizia Avanzini e Giancarlo Allegri e quattro segretari comunali che si sono avvicendati.
È il pasticcio che è capitato a Padenghe, sul Garda, nel Bresciano, e sul quale ora si attende la decisione dei giudici contabili. La vicenda, paradossale, nasce dodici anni fa. Il 21 maggio 2007 la società Baia srl, che si occupa del recupero di un’area della Baia nautica Rino in convenzione urbanistica con il Comune, emette a favore dell’amministrazione due assegni circolari da 160.452 euro a titolo di oneri di urbanizzazione. Gli assegni vengono affidati alla responsabile dell’ufficio tecnico e deposti nella cassaforte del Comune. Ma non vengono incassati, né compaiono a bilancio. Di quegli assegni si dimenticano tutti per nove anni, finché un giorno di febbraio 2015 un’impiegata, a caccia di documenti, svuota la cassaforte e scova quei titoli. Incassarli per intero pero’ è pressoché impossibile: la Baia srl nel frattempo è fallita e quel che si riesce a fare è sottoscrivere un accordo con il curatore fallimentare e recuperarne presso i conti dormienti del Ministero solo la metà. L’attuale sindaco Patrizia Avanzini denuncia l’accaduto alla magistratura contabile, segnalando che a suo dire a generare il guaio è stata la responsabile dell’ufficio tecnico. La funzionaria non avrebbe consegnato gli assegni all’ufficio ragioneria e per l’inghippo burocratico si sono trasformati in carta straccia. In prima battuta il danno erariale è stato attribuito completamente alla funzionaria in questione.
Un supplemento istruttorio scaturito dalla difesa della presunta pasticciona, rappresentata dall’avvocato Alessandro Asaro, ha pero’ spinto la procura a chiamare in causa anche altre sei persone, ognuna in parte ritenuta responsabile del buco finanziario perché «negligente». La funzionaria, che racconta di avere versato tutto secondo le regole, ma nessuna ricevuta lo attesta. E poi sindaci e segretari ai quali era affidata la cassaforte, fino al 2009, alloggiata nell’ufficio del primo cittadino e poi traslocata in quello del segretario. Tutti avrebbero peccato di «inescusabile trascuratezza», ritiene la procura, di gestione della cosa pubblica «opaca» e «all’insegna della confusione», dal momento che non avrebbero mai tenuto traccia degli accessi né inventariato il contenuto . Gli interessati però si difendono: le condotte sono prescritte e in ogni caso a dover rispondere del danno è solo la funzionaria. Decideranno i giudici.