Brescia, assolto per "delirio di gelosia": il caso Maioli finisce in Cassazione

Antonio Gozzini, 81 anni uccise la moglie Cristina. Il procuratore generale aveva chiesto 21 anni di pena

Cristina Maioli e Antonio Gozzi e il luogo dell'omicdidio

Cristina Maioli e Antonio Gozzi e il luogo dell'omicdidio

Brescia - Il delirio di gelosia? Non c’entra nulla. Antonio Gozzini, ex docente di Fisica oggi 82enne che il 4 ottobre 2019 uccise a coltellate la moglie Cristina Maioli, 62 anni, nell’abitazione di via Lombroso a Brescia, è diventato un killer per una ragione alternativa non considerata. Ne è convinto il pg Guido Rispoli, che ha impugnato l’assoluzione per "vizio totale di mente" della Corte d’assise d’appello, in linea con la Corte d’assise.

Maioli, insegnante di Letteratura italiana, il giorno prima dell’omicidio si mise in ferie per due settimane per accudire il marito depresso, che da qualche tempo covava "pensieri cattivi" verso di sé e gli altri. Gozzini si trova ad avere a che fare con una "moglie altamente sollecitante, che vuole si curi seriamente, che assuma farmaci e si faccia ricoverare – scrive Rispoli –. Ha già manifestato un’ideazione violenta nei confronti della moglie tanto che lei per un po’ gli ha nascosto il ceppo dei coltelli. La notte di quel giorno la uccide e ritenere che sia casuale o riconducibile alla gelosia è un palese travisamento delle risultanze probatorie". La tesi del “delirio di gelosia“, sostenuta dai consulenti di accusa e difesa, era stata rigettata solo dalla psichiatra Mara Bertini, di parte civile, cui in primo grado si era allineata il pm Claudia Passalacqua chiedendo l’ergastolo (in appello il pg Rispoli aveva chiesto 21 anni).

La tesi di Bertini ha "una miriade di riscontri" e che Gozzini fosse contrario al ricovero lo dimostrerebbe il rifiuto della proposta di San Vittore tre mesi dopo il delitto. Per Rispoli i giudici d’appello "non hanno operato alcuna seria confutazione della stessa omettendo di confrontarsi con gli atti processuali", omissione tanto "più grave considerando che la tesi del delirio di gelosia si basa solo sulle dichiarazioni rese da Gozzini gli ultimi dieci minuti del secondo interrogatorio in carcere". L’omissione che appare ancora più‘censurabile è però la decisione di non procedere con una perizia psichiatrica, "in alcun modo motivata" nemmeno in sentenza.