GABRIELE MORONI
Cronaca

Omicidio Budrio, la rabbia della vedova Raccagni:"Con una pistola mio marito sarebbe vivo"

Pietro Raccagni fu ferito l’8 luglio del 2014 nella sua villetta da una banda di albanesi, durante una rapina. Morì dopo 11 giorni di coma

Federica Raccagni

Federica Raccagni

Pontoglio (Brescia), 3 aprile 2017 - «Rabbia. Tanta rabbia. Quello che è successo vicino a Bologna mi ha fatto rivivere quei momenti, quando mio marito è stato ucciso sotto gli occhi della famiglia. Siamo di fronte a un governo inerte, che non fa niente per evitare che succedano queste cose. E quando succedono, i responsabili hanno quasi più diritti dei familiari delle vittime. Io e i miei due figli l’abbiamo provato tutto sulla nostra pelle». Federica Pagani è combattiva, determinata. È la vedova di Pietro Raccagni. La notte fra il 7 e l’8 luglio del 2014 Raccagni, 53 anni,macellaio di Pontoglio, nel Bresciano, sorprende una banda di albanesi nella sua villetta. Quando si vedono scoperti, i malviventi raggiungono il garage e tentano di impadronirsi della Mercedes del padrone di casa. Uno di loro colpisce Raccagni alla testa con una bottiglia.  L’uomo cade battendo il capo sul cemento della rampa di accesso al box. Muore in ospedale dopo undici giorni di coma.

Signora, sarebbe stato diverso se suomarito fosse stato armato?

«A nessuno piace uccidere. Sono in contatto con Mario Cattaneo (il ristoratore di Casaletto Lodigiano che ha ucciso un bandito ndr). È una persona umile, buona. È prostrato. Anche se non si viene aggrediti, è difficile valutare quando è il momento di reagire, di sparare. Quello che sostengo è che la legittima difesa va riconosciuta sempre e comunque. Un ladro, un rapinatore, devono sapere che se entrano in una casa possono anche non uscire conle proprie gambe. Se avesse avuto una pistola, mio marito magari avrebbe sparato in aria invece di affrontarli a mani nude e sarebbe ancora qui. Ma piuttosto che fare la fine di mio marito è meglio che rimanga ucciso il ladro. A Cattaneo l’ho detto e ripetuto: ‘Diecimila volte meglio la tua situazione della mia. Farei il cambio’. Mario è vivo, ha vicino i suoi familiari. Il nostro è stato un danno psicologico, morale, anche materiale. Mio marito aveva un’attività importante, nessuno di noi sapeva macellare, abbiamo dovuto imparare».

Cosa si dovrebbe fare?

«Legge sulla legittima difesa. Certezza della pena e che sia una pena dura. Altrimenti queste cose accadranno ancora. E diritti, diritti, diritti alle famiglie delle vittime».

Avete avuto un risarcimento?

«Ma quale risarcimento? Non lo prenderemo mai. C’è una direttiva europea del 2004, prevedeva che l’Italia istituisse un fondo per le vittime della violenza. L’Italia è sempre stata sanzionata per non averla recepita. L’ha fatto solo a luglio dello scorso anno. Però conmille cavilli. Per accedere al fondo la famiglia non deve superare un reddito annuo di poco superiore agli 11mila euro. Ridicolo. Non può accedere al fondo chi è stato sostenuto con una raccolta di fondi, anche minima. Una presa in giro. Per costituirci parte civile paghiamo gli avvocati. Gli assassini, il più delle volte, sono nullatenenti e hanno il gratuito patrocinio. Ci era stato detto che con il nuovo patto di stabilità il tetto massimo per il fondo sarebbe stato alzato. Un patto c’è stato ma senza nessun innalzamento. Un limite di 11mila euro è una vergogna».

Cos’altro vi è mancato?

«In carcere hanno un supporto psicologico. Giusto. E da noi chi è venuto a sostenerci? Le istituzioni statali e religiose fanno spesso visita ai detenuti. Da noi non si è visto nessuno».

Che condanne hanno avuto i responsabili della morte di suo marito?

«In appello sono aumentate, da 14 a 16 anni. Erano quattro albanesi clandestini. Secondo me in sette-otto anni sono fuori. Per fatti del genere ci vorrebbel’ergastolo, non devono più vedere la luce del giorno. Invecel’ergastololo stiamo scontando io e i miei figli. Io che non ho più mio marito e i figli che non hanno più un padre». C’è anche un suo impegno pubblico. «Il 7 marzo dello scorso anno è stato costituito a Roma un Osservatorio per offrire assistenza legale e psicologica gratuita. L’iniziativa è mia, sono la coordinatrice. La presidente è l’avvocato Elisabetta Aldrovandi diModena. Sono assessore alla sicurezza a Pontoglio. Non ho tessere di partito. I miei progetti sono trasversali».