"Nuovi mestieri. Il rischio è la precarietà"

L'occupazione a Milano è tornata ai livelli pre-pandemia, ma il lavoro autonomo è in calo da vent'anni. Nuove professioni emergono, ma c'è rischio di precarietà e abusi.

"Nuovi mestieri. Il rischio è la precarietà"

"Nuovi mestieri. Il rischio è la precarietà"

"L’occupazione è tornata ai livelli pre-pandemia. Il lavoro autonomo no perché negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a un calo". Un trend "lento ma continuo" sottolinea Giovanna Fullin (nella foto), professoressa di sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università di Milano-Bicocca.

Come analizza la risalita degli ultimi anni?

"La crescita c’è stata, ma i numeri sono inferiori al 2019: il lavoro autonomo è una nostra specificità, pesa il 21% del totale dell’occupazione a fronte di una media europea del 14-15%. Il volume di questo insieme si sta riducendo".

All’interno di questo insieme cosa sta accadendo?

"Le attività tradizionali sono in calo: il commercio autonomo paga la concentrazione in realtà di grandi dimensioni. L’artigianato indipendente paga la difficoltà di tramandare alle generazioni successive l’attività, l’agricoltura la tendenza (purtroppo) ad acquistare più da fuori".

Si stanno muovendo invece nuove professioni?

"Stiamo assistendo a una ridistribuzione, con nuovi addetti. Non ci sono numeri che riescano a dare un peso a questo fenomeno anche se è indubbio che esiste una trasformazione".

C’è un rischio improvvisazione in assenza di un albo che certifichi le competenze?

"Più che un albo, che comunque è garanzia di certificazione di chi eroga servizi, ci sono due problemi. Il primo riguarda l’estrema precarietà di attività che cavalcano un mercato in trasformazione e non si conosce quanto futuro possano avere. L’altro nodo riguarda l’utilizzo improprio di autonomi: quando svolgono prestazioni per un unico committente potrebbero beneficiare delle tutele del lavoro subordinato". L.B.