"Non fu tentato omicidio", scarcerato dopo 10 mesi. Per i giudici erano lesioni

La lite fra lui e la compagna titolari di una pelletteria sfociò nel ferimento di lei

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I giudici riqualificano l’imputazione di tentato omicidio in lesioni colpose e, in assenza di querela, prosciolgono l’imputato. Così si è concluso ieri il processo in abbreviato a carico di Angelo Macrì, 55enne finito alla sbarra con l’accusa di avere conficcato un paio di forbici nel collo della ex compagna - era lo scorso 17 agosto - al culmine di una lite all’interno di un negozio che un tempo la coppia gestiva insieme, una pelletteria a Gardone Riviera. Dei fatti sono state date versioni contrapposte. Tra i due c’erano forti tensioni per questioni economiche. In particolare a metterli uno contro l’altra, in quel periodo, erano trentamila euro di fondi governativi Covid, che i negozianti - la proprietaria del locale è la donna, una quarantenne ucraina con passaporto italiano - avrebbero voluto investire in modi diversi. Lei ha raccontato di essere stata aggredita e buttata a terra, di essersi trovata le mani attorno al collo e poi le lame alla gola (che per miracolo le hanno risparmiato la giugulare, ma non un paio di settimane di coma). Lui invece - il pm Marzia Aliatis aveva chiesto 8 anni - ha dichiarato di essersi limitato a spintonare la ex la quale, caduta a terra, si era poi punta inavvertitamente con le forbici che teneva in mano in quel frangente. Forbici, comunque, dalla punta arrotondata. Una ricostruzione sulla scorta della quale l’avvocato della difesa Valeria Cominotti aveva chiesto l’assoluzione o la derubricazione della contestazione. Una tesi che sembra essere stata accolta dal presidente, Roberto Spanò. Dopo dieci mesi di custodia cautelare, Macrì è tornato in libertà. Motivazioni entro 90 giorni. Beatrice Raspa