Minori autori di reato messi alla prova in università. Funziona il modello sperimentato in Università Cattolica di Brescia, dove un gruppo di otto minori autori di reato è stato accolto e seguito da un’equipe di studenti della Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica. Martedì 17 giugno, la seconda Community Conference organizzata dall’ateneo sarà l’occasione per tracciare il bilancio di un modello che potrebbe essere esportato; presenti, tra gli altri, don Claudio Burgio, cappellano del Beccaria e Marco Bouchard, presidente della Rete Dafne Italia. Il progetto è stato ideato dal Servizio di Psicologia Clinica e Forense e dal Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica, con la partecipazione della direzione generale per la giustizia minorile e di comunità del Ministero di Grazia e Giustizia.
Iniziato un anno fa, per ogni minore è stato realizzato un piano educativo individualizzato, con azioni socialmente utili per l’apprendimento e lo sviluppo di competenze e abilità, quali ad esempi attività segretariale di supporto all’attività di ricerca, corsi di inglese e di spagnolo, alfabetizzazione informatica. "La Conference del 17 giugno sarà l’occasione per validare la proposta ideata e attuata nel contesto universitario - precisa Giancarlo Tamanza, coordinatore del progetto –. Inserire adolescenti autori di reato in un contesto universitario potrebbe almeno in parte favorire la possibilità di realizzare attività non solo “socialmente riparative“, ma più direttamente connesse a processi di apprendimento e di acquisizione di conoscenze e competenze". F.P.