PAOLO CITTADINI
Cronaca

"Furono imprudenti, rischi sottovalutati": i periti della Procura inchiodano i medici

"Vogliamo che si sappia quello che è successo il 29 dicembre dell’anno scorso in una sala operatoria della Poliambulanza", raccontano Letizia, Francesco e Simona i figli di Lorenzo Tomarchio morto a 59 anni nel corso di un intervento chirurgico

Un'immagine di repertorio di intervento chirurgico

Brescia, 30 ottobre 2016 - Hanno visto il padre entrare in ospedale, la Poliambulanza di Brescia, per un intervento delicato sì ma a basso rischio, come gli avevano spiegato i medici, hanno potuto rivederlo solo dopo ore quando ormai non c’era più nulla da fare e in ospedale avevano deciso di staccare le macchine. «Vogliamo che si sappia quello che è successo il 29 dicembre dell’anno scorso in una sala operatoria della Poliambulanza», raccontano Letizia, Francesco e Simona i figli di Lorenzo Tomarchio morto a 59 anni nel corso di un intervento chirurgico per la rimozione di una massa tumorale effettuato.

Rescissione accidentale dell’arteria mesenterica superiore la causa dell’emorragia che ha provocato il decesso. Un errore che per i figli di Tomarchio rappresenta solo l’ultimo di una lunga serie di imprudenze fatte dall’equipe che ha operato il 59enne.«Non siamo solo noi a dirlo - sottolineano i tre ragazzi che all’indomani della morte del padre hanno depositato un esposto in Procura - ma anche la perizia disposta dal sostituto procuratore Carlo Pappalardo e depositata nei giorni scorsi dai suoi consulenti: il medico legale Vito Cirielli e il professor Giulio Mazzilli, specialista in chirurgia vascolare». I due medici puntano il dito contro le persone presenti in camera operatoria, otto tra medici e anestesisti iscritti nel registro degli indagati per quanto accaduto.

«Sono ravvisati profili di imprudenza nei confronti del team che effettuò l’intervento - ammettono i due consulenti della Procura - Nell’asportazione della massa tumorale il gruppo non era coadiuvato dallo staff di chirurghi vascolari (arrivati in sala solo due ore dopo la lesione) e la Tac eseguita il giorno prima dell’intervento aveva ben evidenziato la probabile assenza di sicuri piani di clivaggio (piani che visibilmente dividono due strutture) con l’aorta». La stessa lesione all’arteria che ha provocato l’emorragia poteva essere evitata. «Il rischio era prevedibile visto il risultato della Tac del 28 dicembre», conclude la perizia. Nonostante i segnali non sarebbe stato fatto nulla, nemmeno predisporre una adeguata quantità di sangue nel caso di emorragia.

Gli errori sarebbero però iniziati già prima. «Se invece che decidere per l’intervento in tutta fretta avessero fatto approfondimenti sulla natura della massa si sarebbero aperti due scenari diversi - sottolineano i figli di Tomarchio - Avrebbero potuto pensare a un’altra terapia se si poteva ancora lavorare sulla malattia oppure optare per le a cure palliative se la situazione fosse stata ormai disperata». Ad aggravare la situazione poi ci sarebbe stato il comportamento dei medici dopo l’operazione. «Nessuno ci ha avvertito di quello che stava succedendo - raccontano i tre figli - A dirci che la situazione era ormai disperata è stato un dottore che nemmeno era in sala operatoria. Il primario si è negato. Sapevano di avere commesso qualcosa di grave».